Il motivo principale per cui pubblichiamo questa lettera è il fatto… che la RSI si sia rifiutata di farlo. È anche un modo, ai nostri occhi, di affermare l’utilità dei portali.

Sappiamo che le contestate ARP “coprono” e gestiscono una realtà intrisa di sofferenza, che spesso rimane nascosta ma talvolta esplode sui media. 

Pubblichiamo la lettera senza  prendere posizione, poiché non siamo in possesso di elementi di giudizio sufficienti. Il fatto, tuttavia, che questa riforma – introdotta pochissimi anni or sono, e non senza opposizioni, necessiti oggi di una “riorganizzazione” ci lascia assai perplessi.

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 StopARP  Il 2 dicembre appena trascorso la RSI ha dato ampio spazio alle ARP, ascoltando il presidente della Camera di protezione del tribunale d’appello (Cpta) giudice Franco Lardelli, del quale abbiamo parlato in diverse occasioni sollevando alcuni dubbi sul suo operato.

Il media di Stato, con un’intervista e relativo video, ha concesso voce al giudice senza però dare a StopARP la stessa possibilità, pure avendola citata nel servizio.

Al di là di questa mancanza di deontologia, al cui proposito ogni lettore ha certamente un’opinione propria, vanno sottolineati quattro aspetti:

I costi

Nell’intervista il giudice Lardelli invoca una riorganizzazione delle ARP, ammettendo che esiste un problema di natura economica. Non ci sono soldi, insomma. L’assenza di professionalità attuale genera costi per l’internamento di persone, per l’abuso di perizie psicologiche o psichiatriche (che perizie non sono perché lungi da ogni principio scientifico), l’annientamento della personalità dei cittadini a cui vengono negati i più elementari diritti, tutto ciò per Lardelli non genera costi.

Ciò significa che le istituzioni non hanno traccia delle spese che generano e non hanno metriche per calcolare il danno economico che cagionano. Vanno alla cieca.

L’urgenza

Lardelli parla di urgenza, dando così ragione a StopARP. A stridere è però il fatto che il giudice sembra essere avulso dalla realtà, come se le ARP e la Cpta stessa non fossero parte del problema.

StopARP

Per le istituzioni e la politica la nostra associazione è una frangia nemica e ribelle. Appare chiaro a tutti ormai che StopARP si è presentata come osservatore terzo e con la volontà di collaborare con le autorità. Volontà che è stata respinta, perché per le ARP e la Cpta è meglio fare la guerra a un gruppo di cittadini piuttosto che ammettere di avere sbagliato in diverse occasioni e fare un bagno di umiltà.

La conferenza stampa del 23 novembre

Quando, il 23 novembre scorso, StopARP si è presentata ai media e ai cittadini, il giudice Franco Lardelli non ha voluto partecipare, salvo poi andare in tv a dire la sua, in un ambiente terzo e ibrido, laddove nessuno avrebbe potuto smentirlo.

Non è venuto neppure il direttore del dipartimento delle Istituzioni Norman Gobbi il quale, già in passato, aveva invocato il dialogo, sottraendocisi poi serialmente.

Infine, qui potete trovare la risposta che abbiamo inviato alla RSI e che la RSI non ha voluto pubblicare nonostante il diritto di risposta sia sancito dalle leggi.

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La lettera di StopARP

Spettabile Radiotelevisione svizzera di lingua italiana
Vostro articolo Tutoria, urge riorganizzare

Gentili signore, egregi signori,

ci preme ringraziarvi per averci citati nel servizio che avete trasmesso il 2 dicembre u.s. Ci saremmo tuttavia aspettati, in nome di un’informazione pluralista, che ci aveste contattati per una nostra presa di posizione in merito.

Quanto asserisce il giudice Lardelli è fuorviante e tutt’altro che trasparente. La nostra associazione non vuole affondare il sistema, quanto invece essere “voce narrante” o “spettatore terzo” di una situazione incancrenita.

Le parole del giudice sono comprensibili, è altamente professionale infatti che ognuno protegga l’ambito in cui si muove ma questo, da solo, non vale tanto quanto la verità. Persone della Camera di protezione del Tribunale di appello (Cpta) irridono le utenze, il giudice stesso – in un caso almeno
– ha aumentato le spese a carico del cittadino ricorrente solo per spregio poiché reo di avere adito il Tribunale federale e avere ottenuto parziale ragione.

Ci crea particolare imbarazzo il passaggio in cui il giudice lamenta un cambiamento di passo, cambiamento che deve partire da chi fa parte del sistema, la figura astratta che si attribuisce – apparentemente lontana da ogni responsabilità – risulta incomprensibile e avulsa dalla realtà.
Neppure ci calza il ruolo dei “nemici”, tant’è che ci siamo approcciati alle 16 ARP e alla Cpta stessa con il migliore spirito di collaborazione ma, nostro malgrado, soprattutto quest’ultima ci ha osteggiato, mostrando da subito una posizione difensivista.

Va anche detto che con diverse ARP abbiamo raggiunto obiettivi inimmaginabili soltanto pochi mesi fa, in un ambiente di totale rispetto e cordialità; ciò non è stato tuttavia possibile con il giudice Lardelli il quale, ancora con l’intervista che voi stessi avete registrato, mostra il fianco a critiche e a precisazioni come quelle che, con questa missiva, stiamo esplicitando.

Le ARP, pressoché in modo sistematico, calpestano i più elementari diritti umani, non recependo le sentenze del Tribunale federale né quelle della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu). Una situazione che genera costi a scapito della collettività, dolori facilmente risparmiabili alle utenze e, non di meno, una situazione che dimostra l’altissimo grado di impreparazione delle istituzioni.

Fa specie, infatti, che il giudice Lardelli lamenti un’emergenza che la Cpta stessa ha contribuito a creare e che individui, come fulcro delle inefficienze istituzionali, la necessità di un impiego di denaro pubblico a suo dire di difficile attuazione, ignorando che i costi dell’internamento di minori che potrebbero essere assistiti in altro modo, la divisone coatta di coppie di anziani che potrebbero essere assistite in altro modo e l’abuso di pareri medici (che medici non sono) generino costi proibitivi.

Nel quadro delle perizie commissionate dalle ARP a discapito (sì, a discapito!) dei cittadini, abbiamo notizia di approfondimenti psicologici somministrati per telefono (!), il che equivale a un esame del sangue fatto senza prelievi. Una situazione paradossale generata dalle ARP, non gestita dalla Cpta e ignorata dalla politica la quale, ancora oggi, litiga sulla natura stessa delle medesime: la divisione Giustizia del dipartimento delle Istituzioni, da noi incalzata, non sa se classificare le ARP all’interno dell’area giuridica (che assolverebbe il ministro Gobbi certo di non potere intervenire a causa della separazione dei poteri) o nell’area amministrativa (che non assolverebbe il ministro).

C’è certamente un buco normativo che diventa una voragine alla luce dell’incapacità politica e istituzionale di arginare i problemi che le ARP causano, con la tacita benevolenza della Cpta la quale, molto di rado, smentisce l’operato delle stesse ARP avallando decisioni più che discutibili.
Un tema che riguarda centinaia di cittadini e che, solo di rado, assurge agli onori della cronaca. Un vero peccato.

StopARP