Oltre 160 paesi facenti parte delle Nazioni Unite si sono riunite in Marocco a Marrakesh per approvare il testo dell’accordo sul Global Compact for Migration. Accordo che definisce un quadro comune sulla migrazione internazionale, che mira alla cooperazione tra gli Stati promuovendo misure per rafforzare i percorsi migratori, per affrontare la migrazione irregolare e proteggere al contempo i diritti umani dei migranti con migliori pratiche in materia di migrazione internazionale.

Un accordo che però è soggetto a crescenti polemiche, con un numero di paesi oppositori che aumenta ogni giorno. Come la Repubblica Domenicana, Australia, Austria, Bulgaria, Israele, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia che hanno rifiutato di firmare il documento che è stato oggetto di negoziati per 18 mesi.

L’accordo sta inoltre creando tensioni politiche in Belgio, Italia ed Estonia che hanno deciso di non partecipare alla conferenza. La Svizzera ha guidato i negoziati ma non sosterrà l’accordo. Gli Stati Uniti abbandonarono i negoziati già dicembre 2017 seguiti dall’Ungheria pochi mesi dopo.

Anche se non è un trattato, questo accordo mette insieme principi per creare una piattaforma per la cooperazione multilaterale e bilaterale e sarà firmato dai delegati internazionali tra oggi e domani nella riunione a Marrakesh. L’accordo non consentirà ad alcuna burocrazia e magistratura internazionale di dettare la politica di immigrazione degli stati sovrani, ma quello che gli stati scettici temono è che possa consentire ai “progressisti” all’interno di ogni governo liberalizzare le leggi nazionali sui rifugiati e sull’immigrazione usando come scusa il Global Compact for Migration delle Nazioni Unite.

Quindi sta diventando sempre meno attraente l’idea della governance globale per i flussi migratori.

Innanzitutto gli Stati con un programma di migrazione restrittivo considerano l’atto simbolico di approvazione del Global Compact come un segnale di promozione della migrazione. La regolamentazione della migrazione non viene vista solo come una questione politica e “muri di confini”, ma anche come una questione di comunicazione. Se un paese è percepito come aperto all’immigrazione, fornisce incentivi alla migrazione, mentre una dura retorica viene vista come un deterrente. Quindi i paesi con un programma di migrazione restrittivo non vogliono correre rischi, riaffermando la loro posizione con il rifiuto dell’accordo.

Coloro che stanno respingendo il Global Compact temono che si trasformi in pratica comune come fosse una “common law”, una legge insomma che deriva da consuetudine.

Alcuni stati che respingono l’accordo sono preoccupati per i riferimenti ai diritti umani che si trovano all’interno del documento. Dal loro punto di vista, l’enfasi sui diritti umani contraddice ciò che più conta per loro, ovvero assicurare i confini. Il governo ungherese, ad esempio, sostiene che l’applicazione di una prospettiva sui diritti umani alle misure di controllo alle frontiere è un approccio pericoloso, perché i migranti sono visti prevalentemente come una minaccia.

L’ostilità nei confronti del Global Compact delle Nazioni Unite riflette la crescente influenza dei nuovi movimenti politici di estrema destra, specialmente nei paesi in cui i partiti radicali di destra sono al potere.Il denominatore comune è la dottrina che difende la sovranità come ideologia politica.

Ma alla fine una grande maggioranza dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite sosterranno il testo sulla migrazione, che viene vista come una delle più grandi sfide del nostro tempo, e la questione sarà vedere poi l’impatto che avrà questo accordo visto che è già stato messo in ombra da dichiarazioni politiche che contraddicono la solidarietà e l’approccio multilaterale alla migrazione internazionale che l’accordo intende promuovere.