Quale “sovranismo”?

Quindi, tornando al passaggio del Rubicone, un partito nato con identità e forte radicamento territoriali, che ha fatto della secessione del Nord la sua bandiera, oggi si proclama “sovranista” e difensore dell’unità nazionale.

Ma con quale credibilità, quando sappiamo benissimo che il vecchio stato maggiore – e una parte non trascurabile dei militanti- non condivide queste posizioni e le accetta solo perché elettoralmente premiate?

Il senatur, lasciandosi andare, con il poco fiato rimastogli, ha addirittura affermato che “se per colpa sua [ di Salvini] saltavano le autonomie di Lombardia e Veneto, lo appendevano in piazza, come il suo amico Mussolini” e che “quelli del M5S hanno un programma vecchio dei tempi della Democrazia Cristiana, vogliono fare la cassa del Mezzogiorno per l’assistenzialismo, che è già fallito una volta”.

Ma, soprattutto, su quali fondamenta culturali, in senso antropologico, dovrebbe sostenersi questo “sovranismo”?

Nemmeno Mussolini, avendo a disposizione tutti i mezzi (dalla scuola, alle comunicazioni di massa), riuscì a fare gli italiani. Secondo lo storico Renzo De Felice – uno dei massimi studiosi mondiali del fascismo – questo fallimento fu il suo grande rammarico.

Il consenso che Mussolini ebbe, tra il 1929 e il 1936, per De Felice si appoggiava sulla sicurezza, sul quieto vivere che assicurava agli italiani, mentre nel resto d’Europa imperversava la bufera (erano, pur quelli, anni di grandi sconvolgimenti: crisi di borsa del ’29, fronte popolare in Francia, iperinflazione in Germania…).

Anche Salvini incentra il suo messaggio su questo recupero della “normalità”, del quieto vivere italiano, perché, come scriveva Longanesi: “Gli italiani sono tutti estremisti per prudenza.”

Riaffiora, serpeggia, in questi giorni di entusiasmi precoci (ma quale entusiasmo non lo è?), un concetto che potrebbe ispirare qualche speranza: “l’interesse degli italiani”.

Ma è davvero l’interesse degli italiani?

Dal 7 al 10 Giugno Torino ospita la riunione dell’ormai noto Club Bilderberg, i cui ambìti appuntamenti si tengono, tradizionalmente, proprio nel Paese bersaglio delle imminenti operazioni in calendario.

Rammentiamo che il cardine della politica estera americana, che il Bilderberg rappresenta, è sempre stato -e resta- quello di impedire che qualunque potenza antagonista possa emergere in Europa.

La partita europea è fondamentale, nel grade gioco geopolititico, per tentare di frenare il multipolarismo incipiente: l’Italia, con le sue rivendicazioni “sovranistiche”, sarà ora utilizzata dall’amministrazione americana come pedina fondamentale, come spauracchio e arma di pressione per riequilibrare i rapporti, e frenare pericolose tendenze euroasiatistiche manifestate dalla Germania, in avvicinamento pericoloso a Cina e Russia.
Naturalmente, tale politica è a detrimento dell’Europa tutta, che deve –in modo imperativo – essere mantenuta sotto tutela e privata di politica autonoma: una gabbia per contenere ogni possibile minaccia all’egemonia a stelle e strisce.
Questa, purtroppo, è la vera sostanza dell’eterodiretto “sovranismo” italiano.

Immagine wiki commons

Come ha detto Bannon: “Ho convinto io Salvini a stringere con Di Maio”.

Fate attenzione alle parole: Salvini può permettersi di gridare “Prima gli italiani”, ma non “Prima l’Italia”, come sarebbe più logico e in linea con una politica davvero sovranistica; perché “Prima l’Italia” non si potrà mai dire, dato che al nostro Paese non deve, in nessun caso – in ottemperanza alla “dottrina Churchill” – essere concesso di avere politica estera autonoma, basata su un proprio interesse nazionale.

Cosa potrebbe, presumibilmente accadere, allora?

I trattati europei possono essere modificati solo all’unanimità e ciò significa che, al di là della promesse da marinai, non possono essere riformati.

Nella migliore delle ipotesi, si allenteranno un po’ i cordoni della borsa, si potrà spendere qualcosa a deficit, un po’ di liquidità aggiuntiva circolerà.

Chissà, dopo, la beat generation , sarà forse il turno della mini-bot generation, al grido di “Sesso, Draghi e rock’n’roll”.

Ho paura che, ancora per un bel po’, ai giovani, per emergere, resteranno soltanto i concorsi televisivi (chiamati talent con altro anglicismo da colonia); dopotutto non solo Salvini, ma anche Renzi è partito dalla televisione con La ruota della fortuna.

Per distrarsi, ci sarà ancora internet – certo, più censurato, ma state tranquilli che i video con le flatulenze, che ci piacciono tanto, continueranno ad allietarci e a farci compagnia con i sempre più onnipresenti smartphone: controllati più di deuecento volte al giorno dagli utenti, fanno la gioia dei controllori, che così non ci perdono mai d’occhio.

Nascono nuove terapie per nuove forme di dipendenza, ma l’imbecillità non si può ancora curare e, anzi, ha davanti a sé un grande futuro.

“Lo sa che con whatsapp si può telefonare gratis?” mi ha detto una signora, in sala d’attesa al Monte di Pietà; era lì ad impegnare le fedi nuziali, perché doveva cambiare il suo iPhone ogni sei mesi per non sembrare una poveraccia.

“L’Italia” – scrisse Flaiano – “è un paese di cantanti e di giocatori di totocalcio”; ma ora abbiamo fatto un passo avanti: c’è anche il Superenalotto, il Lotto istantaneo e il Sovranismo.

In qualche modo, abbiate fede, si dovrà pur vincere…

Francesco Mazzuoli

Fonte: Accademia Nuova Italia