Secretary of Defense James N. Mattis, Under Secretary of Defense (Comptroller) David L. Norquist and Chairman of the Joint Chiefs of Staff Gen. Joseph F. Dunford Jr. testify on the DoD posture and fiscal year 2019 budget to the Senate Armed Services Committee, Washington, D.C., April 26, 2018. (DoD photo by Navy Mass Communication Specialist 1st Class Kathryn E. Holm)

James Mattis, attuale segretario alla Difesa degli Stati Uniti ed ex generale del Corpo dei Marine, si è dimesso dopo essersi scontrato con il presidente Donald Trump per la brusca decisione di ritiro delle truppe americane dalla Siria e il dimezzamento delle truppe militari in Afghanistan. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, visti i due tumultuosi anni di continui e profondi disaccordi con il presidente sul ruolo dell’America nel mondo.

Il più rispettato funzionario di politica estera nell’amministrazione Trump lascerà la carica alla fine di febbraio, e mentre il presidente twittava che il segretario della Difesa sarebbe andato in pensione, in realtà nella sua lettera di dimissioni, Mattis ha scritto: “Il presidente merita un collaboratore allineato con le sue posizioni”.

James Mattis si è ritirato dal corpo dei Marine nel 2016 dopo 41 anni di carriera in cui ha guidato truppe in Kuwait durante la Guerra del Golfo Persico, in Afghanistan durante l’ondata iniziale degli Stati Uniti nel 2001 e in Iraq durante l’invasione del 2003. Ha ricoperto ruoli come capo del Comando centrale degli Stati Uniti, capo di tutte le forze americane in servizio in Medio Oriente e ha supervisionato le guerre in Iraq e in Afghanistan. Ogni stella che ha sulle sue spalle è stata guadagnata nel sangue e nel fango della battaglia. Va tenuto conto di questo quando Mattis afferma il suo più profondo disaccordo con il presidente Trump per quanto riguarda gli alleati americani che vanno trattati con rispetto.

Le decisioni “importanti” di Trump hanno di annullato il parere contrario del suo segretario alla Difesa.

Il generale dell’esercito in pensione Stanley McChrystal, ex alto comandante degli Stati Uniti in Afghanistan, ha dichiarato in una intervista televisiva: “Il tipo di leadership che spinge un patriota come Jim Mattis a lasciare, dovrebbe far riflettere ogni americano. Tutti dovrebbero leggere la sua lettera di dimissioni”.

Il senatore repubblicano Mitch McConnel, leader della maggioranza al Senato, si è dichiarato d’accordo con le critiche di Mattis sulla politica estera di Trump, affermando che è essenziale il fatto che gli Stati Uniti mantengano e rafforzino le alleanze del secondo dopoguerra che sono state attentamente costruite dai leader di entrambe le parti politiche.

Il senatore repubblicano della Florida, Marco Rubio, dopo aver letto la lettera di dimissioni di Mattis, ha affermato che le sue dimissioni suggeriscono che la Casa Bianca è diretta verso un percorso di politica estera che potrebbe avere gravi conseguenze. Una serie di gravi errori politici che metteranno in pericolo gli Stati Uniti, danneggiando le alleanze e rafforzando diversamente gli avversari. “Spero che chi ha sostenuto le iniziative di questa amministrazione negli ultimi due anni possa convincere il presidente a scegliere una direzione diversa”, ha detto Rubio.

L’improvvisa partenza dell;importante una figura ha generato un allarme bipartisan sia tra i parlamentari democratici che quelli repubblicani, oltre ai leader militari, che consideravano il generale dei Marine una voce sobria e piena di esperienza nell’orecchio di un presidente che non aveva mai ricoperto cariche politiche o prestato servizio militare. I politici hanno espresso preoccupazione alla notizia, per il caos nell’amministrazione e il messaggio che viene inviato al mondo in merito alla leadership globale americana.

Un annuncio arrivato in coincidenza anche con le turbolenze domestiche: continua la lotta di Trump con il Congresso per ottenere il finanziamento di 5.7 miliardi di dollari per la realizzazione del suo muro di confine con il Messico.

Trump, forse sta ignorando questa volta un solido consiglio militare: quello di  non avvicinarsi troppo ai paesi autoritari come la Cina e la Russia.

La Russia, l’Iran e l’Arabia Saudita sono intervenuti nella guerra civile in Siria per accapparrarsi una fetta della torta in un’area economicamente fondamentale oper qualsiasi potenza mondiale. È chiaro che le motivazioni della guerra siriana non sono mai state concentrate sul terrorismo, che invece è stato usato per dispute politiche e strategie a livello internazionali.

Secondo l’annuncio fatto dal presidente americano, gli Stati Uniti ritireranno le truppe dalla Siria perché l’ISIS è stato sconfitto ormai. Ma per molti, in un momento critico per l’amministrazione Trump che affronta l’indagine per la presunta collusione con Mosca nelle elezioni del 2016, il presidente degli Stati Uniti ha deciso di dare quello che potrebbe essere il suo regalo di Natale a Putin.