La notizia pubblicata venerdì dal quotidiano New York Times sull’inchiesta segreta aperta nei confronti del presidente Donald Trump sta dimostrando quanto sia malato l’establishment di Washington.

I membri più anziani del Dipartimento di Giustizia, che sono stati tutti promossi dall’amministrazione Obama, sono chiaramente disposti ad andare fino in fondo per rifiutare il verdetto del popolo americano nelle elezioni presidenziali del 2016, e hanno preso la decisione di poter indagare sul presidente per un suo possibile tradimento interessando le commissioni dell’Intelligence alla Camera e al Senato.

Quando James Comey, nominato direttore dell’FBI nel 2013, è stato licenziato da Trump a maggio 2017, l’agenzia di intelligence ha aperto un’inchiesta mirata ad esaminare la possibilità che il presidente degli Stati Uniti stesse lavorando per una nazione straniera ostile. In sostanza un passo ambizioso per l’FBI che deve provare se Trump lavora o ha lavorato per la Russia e se comporta una possibile minaccia per la sicurezza nazionale.

Il licenziamento di Comey è stato il punto di svolta. I funzionari dell’FBI che fino a quel momento avevano sospeso le indagini, sono diventati sospettosi quando Trump ha legato l’allontanamento di Comey con le indagini per le ingerenze elettorali del 2016.

Il Vice Procuratore generale degli Stati Uniti, il repubblicano Rod Rosenstein, dopo il licenziamento di Comey, ha nominato consigliere speciale per la supervisione dell’indagine sulle interferenze, l’avvocato Robert Mueller, ex direttore dell’FBI, per poter continuare la linea dell’indagine e verificare qualsiasi prova raccolta dall’FBI.

Trump ha usato spesso i riferimenti riportati nella lettera del procuratore Rosenstein sulle indagini per giustificare il licenziamento del direttore dell’FBI. Lo stesso Trump lo aveva ammesso durante un’intervista a maggio 2017 nel programma televisivo Nightly News di Lester Holt alla NBC, definendo James Comey come uno “showboat”, una persona che dà spettacolo. “Ho appena detto a me stesso che questa storia delle interferenze russe è una storia inventata dai democratici per aver perso le elezioni presidenziali che avrebbero voluto vincere”, affermò Trump in quell’intervista.

Quello che è trapelato è che le indagini di Mueller contengano ipotesi sull’intenzione di Trump di ostacolare la giustizi. Una cosa però è ostacolare deliberatamente l’indagine, un’altra è sospettare che Trump avrebbe potuto farlo a nome della Russia. Se questo dovesse portare a conclusioni concrete, l’intervista rilasciata a Holt sarebbe stato un passo falso straordinario da parte di Trump che ha spesso rilasciato dichiarazioni svianti sulle sue vere motivazioni. La scure di Comey avrebbe costituito un’ostruzione a causa dell’impatto che avrebbe avuto sulla capacità dell’FBI di apprendere informaizoni sulle interferenze russe.

Un fascicolo in possesso dell’FBI contiene i documenti di Christopher Steele, un’ex spia britannica ora investigatore privato che ha lavorato per più di trent’anni come alleato degli Stati Uniti. Steele è autore di un dossier segreto di 35 pagine contenenti affermazioni di alto profilo che hanno scatenato l’attuale indagine federale sui possibili legami del presidente Trump con Mosca in base al materiale compromettente cui la Russia avrebbe a disposizione.

 

Il dossier è stato molto discusso durante la testimonianza di James Comey, che dipinge un quadro schiacciante di collusione tra Trump e Russia. Questa accusa non è stata mai dimostrata e il presidente russo Putin lo ha negato. Sono molti gli americani infatti che pensano che l’unica spiegazione possibile, e molto reale, sia che il presidente Putin detenga davvero informazioni dannose per Trump. In un messaggio inviato per gli auguri del nuovo anno, il Cremlino ha fatto sapere di essere pronto per il dialogo su un programma ad ampio raggio.

Il Washington Post ha riferito che la società Blackwater Worldwide, una compagnia militare privata statunitense fondata dall’ex ufficiale della US Navy Erik Prince, aveva proposto un canale segreto di comunicazione tra Trump e Mosca durante un incontro avvenuto a gennaio 2017 alle Seychelles con un rappresentante di Putin. All’epoca l’FBI era consapevole di questo fatto perché ha sempre monitorato le chiamate telefoniche dei funzionari russi sul suolo statunitense.

Anche se Trump lo ha definito spazzatura e alcune cose di questo dossier non sono state ancora confermate, ci sono delle accuse che sembrano avere un fondo di verità e il fascicolo viene utilizzato come una tabella di marcia nelle indagini che vengono condotte dall’FBI sulle interferenze russe. Il consulente speciale Mueller ha incriminato 12 ufficiali dell’intelligence militare russo lo scorso luglio in base ai dettagli di questo dossier.

Ma si dice che l’FBI stia valutando anche un altro rapporto che espone accuse simili al dossier di Steele.

Cody Shearer, un attivista politico ed ex giornalista, a differenza dell’ex ufficiale del MI6 inglese, non ha nessuna esperienza di spionaggio. Ma si dice che abbia una vasta rete di fonti in tutto il mondo e le risorse finanziare per perseguire le cause.

Inoltre, l’incontro di Trump con Putin a Helsinki lo scorso anno ha sollevato altri dubbi. Incontro di due ore avvenuto in privato senza la presenza di nessuno, a parte gli interpreti: nessuno del governo americano sa davvero di cosa abbiano discusso.

Forse Trump ammira lo stile di leadership di Putin, ma è chiara anche la voglia del presidente americano di fare affari in Russia e dunque risulta essere positivamente predisposto nei confronti del paese.

Intanto un giudice federale, Beryl A. Howell, ha esteso il termine della scadenza del mandato del gran jury per altri sei mesi (giuria chiamata a stabilire se le prove sono sufficienti per iniziare un processo penale) per ascoltare le prove raccolte dal consulente speciale Robert Mueller.