Islanda, il Paese senza alberi. Similmente all’isola di Pasqua, la causa non è attribuibile al clima ma all’uomo

L’Islanda venne colonizzata nell’Alto Medioevo dai Vichinghi, ma era già stata abitata da monaci eremiti irlandesi. All’epoca il clima era molto diverso e più mite di quello attuale, per cui l’isola disponeva di boschi, soprattutto di betulle, larici, lecci e pini. Corrispondeva molto probabilmente alla leggendaria isola di Thule che l’esploratore greco Piteo nel 330 a.C. definiva Terra di Fuoco per la presenza di numerosi vulcani, acque termali e geiger. I vichinghi per cotruire le loro abitazioni (perlopiù fattorie) e navi eradicarono completamente ogni albero (come avvenne, seppur per altri motivi sull’isola di Pasqua nel Pacifico) e con la cosiddetta Piccola Era Glaciale dei secoli successivi il clima mutò è le piante non poterono mai più crescere spontaneamente. Da alcuni anni il governo dell’isola sta cercando di riportare almeno il 5% della superficie a bosco, ma l’operazione oltre a essere molto lenta, faticosa e dispendiosa, produrrà anche risultati modesti, perché il tempo di crescita degli alberi è meno di un terzo rispetto alle nostre latitudini, non solo per il clima ma per l’assenza del sole per molti mesi all’anno. A godere della presenza dei boschi in fase di piantumazione saranno probabilmente i nipoti degli attuali 300mila abitanti dell’isola. 

Claudio Martinotti Doria

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di Gianluca Ricci 

L’Islanda è uno dei pochi luoghi del pianeta in cui non esistono alberi. Una peculiarità legata non, come alcuni credono, al clima rigido, ma alla scriteriata colonizzazione umana che fra IX e XI secolo privò l’isola di tutte le sue essenze arboree.

Quando infatti i vichinghi giunsero da quelle parti dalla “vicina” Danimarca, si accanirono sui suoi alberi per ricavarne legname utile alla realizzazione di case e imbarcazioni.

Trattandosi però di un territorio piuttosto limitato, la risorsa iniziò a scarseggiare nel breve volgere di qualche generazione. Motivo per cui oggi uno degli aspetti più apprezzati dai turisti a caccia di immagini suggestive per i loro album fotografici è proprio la sualevigata piattezza.

Meno apprezzato questo aspetto lo è dai residenti, che invece gradirebbero poter contare su qualche albero non solo per motivi di carattere estetico, ma anche per più urgenti questioni tecnico-fisiologiche: contro la tremenda erosione del suolo, per esempio, visto che non ci sono radici in grado di trattenere la terra in balia dei fenomeni atmosferici, che a quelle latitudini si manifestano sempre in modo particolarmente violento; contro le tempeste di sabbia, per esempio, che si scatenano ogni volta che si alza forte il vento, libero di soffiare dove e come vuole perché nulla gli oppone resistenza e di sollevare dal suolo enormi quantità di terra; contro l’inquinamento atmosferico, per esempio, visto che sull’isola non esiste nessun altro strumento naturale per contrastare le emissioni di anidride carbonica che, per quanto modeste vista la bassa pressione antropica, automobili e industrie producono quotidianamente.Il primo piano di rimboschimento è datato 1882 senza che si siano registrati significativi miglioramenti della situazione. Di recente è andata un po’ meglio: negli ultimi tre anni sono stati messi a dimora oltre tre milioni di alberi, ma gli sforzi sono stati enormi.

Prima di tutto è stato necessario preparare il suolo e fertilizzarlo preventivamente, quindi si è passati alla piantumazione delle siepi e delle erbe, e solo in un’ultima fase, quando il terreno è risultato adatto, si sono piantate specie più grandi.

La betulla è stata per anni la regina vegetale incontrastata dell’isola, almeno prima che giungessero i vichinghi a farne strage. Oggi alle betulle si alternano lecci, larici e pini, tutte piante importate dall’Alaska perché le condizioni climatiche risultano sostanzialmente simili.

Ma l’importazione non è un’operazione semplice: le leggi in Islanda da questo punto di vista sono piuttosto ferree e prevedono che le piante vengano cresciute per un determinato periodo di tempo in serra in modo da evitare che, insieme ai vegetali, vengano introdotti nel Paese anche animali non desiderati.

Bisogna inoltre tenere conto del fatto che da quelle parti gli alberi crescono molto più lentamente rispetto al resto d’Europa perché per metà dell’anno il territorio rimane al buio a causa della latitudine. Tanto per dire, gli alberi di una foresta piantata negli anni Quaranta oggi raggiungono a stento i 15 metri d’altezza, mentre esemplari simili ad altre latitudini sono alti almeno il triplo.

Ma i volontari che stanno seguendo il progetto non si danno per vinti e puntano a riempire il 5% dell’isola di alberi entro i prossimi 50 anni.