Christine Lagarde

Le previsioni del FMI rispecchiano quelle già anticipate dalla Banca Centrale Europea, fortemente criticate dal vice presidente del Consiglio dei ministri italiano, Luigi Di Maio. Infatti, sono proprio le previsioni sulla crescita economica italiana a non essere rosee secondo FMI che ha avvertito che eventuali nuove tensioni sulle finanze pubbliche potrebbero danneggiare la produzione, i costi di finanziamento e il sistema bancario italiano.

Parlando al World Economic Forum di Davos, la direttrice di FMI Christine Lagarde, ha dichiarato che dopo due anni di solida espansione, l’economia mondiale sta crescendo più lentamente del previsto e i rischi stanno aumentando.

Già ad ottobre il FMI aveva rivisto in negativo le sue previsioni di crescita globale basandosi sull’aumento delle tariffe commerciali tra la Cina e gli Stati Uniti. La revisione più recente invece è dovuta alla debolezza dei produttori automobilistici tedeschi (che hanno visto un crollo della produzione e degli acquisti a causa dei nuovi standard di emissione contro l’inquinamento atmosferico), al continuo stato di tensione per l’incerta uscita dall’UE del Regno Unito, e alla debole domanda interna italiana dopo i recenti rischi sovrani e finanziari che hanno fatto perdere il controllo dell’economia del paese.

La crescita prevista per il 2019 in Italia è la più bassa tra le nazioni elencate singolarmente nella panoramica del FMI sulle sue ultime previsioni. Tagliata allo 0.6% dall’1% previsto in precedenza.

L’Italia si distingue anche per i rischi legati al suo alto debito pubblico che, superando oramai i 2’300 miliardi di euro è salito al 130% del PIL ed è il secondo più grande indice della regione euro dopo la Grecia.

Il valore dello spread si è ridotto rispetto ai picchi raggiunti a ottobre 2018, ma rimane comunque alto. Un valore alto mantenuto per lunghi periodi metterebbero in difficoltà le banche italiane, peserebbero sull’attività economica e peggiorerebbero quindi la dinamica del debito. Inoltre, lo scontro del governo italiano con l’Unione Europea sugli obiettivi di bilancio che sono stati rivisti all’ultimo momento e le discussioni tese con l’esecutivo dell’UE, hanno provocato un aumento dei costi di finanziamento per l’Italia che ha avuto impatto sui tassi di prestito per famiglie e imprese.

Il FMI lancia un allarme politico in sostanza. In questo contesto, i responsabili delle politiche economiche devono agire per invertire i venti contrari alla crescita e prepararsi per la prossima recessione. L’espansione globale si sta indebolendo ad un ritmo più veloce del previsto.

Ma il problema è anche capire se l’élite globale ha la volontà di risolvere i problemi del mondo.  Il World Economic Forum cerca infatti di migliorare lo stato del mondo attraverso la promozione del libero scambio e le alleanze internazionali. Ma l’analista editorialista del New York Times, Anand Giridharadas, ha avanzato qualche critica facendo notare che Davos è una riunione “di famiglia” di tutte quelle persone “convinte di avere la chiave per la soluzione dei problemi che loro stessi hanno causato”.

https://twitter.com/AnandWrites/status/1086291763701137408

Dopo decenni di sostenimento della globalizzazione, il Forum teme ora che l’aumento della disuguaglianza, del protezionismo e soprattutto della politica populista, possano mandare in crisi l’economia mondiale. Servirebbe una nuova globalizzazione più ampia per colmare il divario tra i molti precari e i pochi privilegiati. Risolvere in sostanza le preoccupazioni di milioni di persone che avvertono un sistema “truccato” contro di loro, persone che non faranno mai un viaggio a Davos.

I rischi per una crescita dell’economia globale non sono soltanto italiani e tedeschi. Un’escalation della guerra commerciale tra Trump e Pechino, con la Cina che sta rallentando in questo momento, e il Regno Unito che potrebbe “crollare” uscendo dall’UE senza un accordo, costringerebbe il FMI a ulteriori downgrade nelle sue previsioni.

Il capo economista del FMI, Gita Gopinath, ha avvertito il Regno Unito di evitare di “schiantarsi” fuori dell’Unione Europea rischiando una riduzione del PIL del 5-8% nel tempo.

Dunque il FMI insiste che la principale priorità riguarda i paesi che devono risolvere in modo cooperativo e rapido i loro disaccordi commerciali e le loro incertezze politiche, piuttosto che aumentare ulteriormente le barriere destabilizzanti dell’economia globale che sta rischiando una brusca frenata.