Il 1° ottobre di settanta anni fa, nasceva con il proclama di Mao Tse-tung la Repubblica Popolare Cinese. Dopo anni di battaglie estenuanti contro gli invasori giapponesi e la guerra civile, Mao dava vita ad un paese finalmente unificato e libero.

Ma così non la pensava il suo grande avversario Chiang Kai-shek, il generalissimo, che riparato nell’isola di Taiwan intendeva continuare a dare del filo da torcere dalla “Fortezza dello Stretto” dei nazionalisti cinesi con capitale Taipei.

Mentre per Mao la Repubblica Popolare Cinese (RPC) si dichiarava la sola legittima successione alla precedente “Repubblica di Cina”, il KMT, Kuomintang, intendeva operare da Taiwan considerandosi l’unico governo legittimo per la Cina.

Per anni, Taiwan ha avuto un seggio di rappresentanza alle Nazioni Unite che perse in seguito, e poco a poco anche il supporto USA che nel ‘79 ha smesso di considerare Taiwan come stato legittimo. Dal voltafaccia in poi, la maggior parte dei paesi che sostenevano Taiwan hanno fatto il “salto della quaglia”: ora sono rimasti in 19. Il più prominente è lo Stato Vaticano.

La situazione di confronto si è aggravata nel 2000. Chen Shui-bian vinse le elezioni con la proposta di redigere una nuova costituzione con “carattere sovrano ed indipendente di Taiwan”. Pechino reagì con una legge che minacciava “un’azione militare della Cina” di fronte a qualsiasi tentativo di legittimare un sistema autogeno ed indipendente. A complicare le cose il congresso USA approvava una legge che obbligava Washington a difendere militarmente Taiwan da un eventuale attacco cinese.

L’anniversario dei 70 anni è iniziato con un discorso di Xi Jinping molto duro. Il leader cinese dimostra di essere il più forte politico dopo Mao. Ha esordito dicendo che è ora e tempo di trarre delle conclusioni e di non lasciarle alle generazioni future.

“La riunificazione è inevitabile, è una grande tendenza della storia… Non è più accettabile un’isola democratica ribelle” (a soli 160 km dal continente). Ed ha aggiunto che “Taiwan è parte della politica interna della Cina”.

Riferendosi agli USA, una minaccia: “l’interferenza straniera è inaccettabile. Non facciamo nessuna promessa di rinunciare all’impiego della forza e manteniamo l’opzione di ricorrere ad ogni misura necessaria”. Scontata una dose di demagogia, il messaggio alla Presidente Tsai Ing-wen è chiaro.

Tsai Ing-wen con il rifiuto di accettare la proposta cinese di unificazione attraverso la formula modello Hong Kong, “un paese, due sistemi” si è definitivamente schierata sostenendo che “chiedo alla Cina di rispettare libertà e la democrazia di 23 milioni di anime e di guardare alla realtà della Repubblica di Cina (Taiwan).

Il seguito alle prossime puntate. Xi Jinping è intenzionato a risolvere la questione “Taiwan” durante il suo mandato e passare alla storia per aver chiuso il passato e dedicarsi quindi al suo “sogno cinese”. La Presidente taiwanese sa che le promesse di Pechino (un paese, due sistemi) sono una bugia con le gambe corte… Basta osservare come si sta evolvendo la situazione di Hong Kong. Repubbliche parlamenti, diritti democratici mal si congegnano con un sistema comunista autoritario e partito unico.

Taiwan è un paese che ha fatto un percorso di successo e, nonostante un territorio di soli 30mila km quadrati, è il 22esimo paese industriale. Con un livello educativo fra i più alti al mondo ed un reddito pro-capite di oltre 20mila dollari: non è piùnella “trappola del reddito medio”. Esporta prodotti sofisticati in tutto il mondo con ben il 30% nella Cina stessa. È a pieno titolo una delle quattro “tigri asiatiche” con Singapore, Corea del Sud e Hong Kong.

Ma la sua difficile storia di prima colonia cinese, poi giapponese, sono i precorsi della sua fragilità. Taiwan, si sostiene, ha 11’000 missili puntanti sulla Cina e accusata da Pechino per essere di fatto un avamposto americano per marcare stretto Pechino.Si sente protetta da un compago di cui ha oggi difficoltà a verificare la sua fedeltà (USA) e sotto tiro di una “super power” pronta ad inghiottirla (la Cina).

Purtroppo il tempo dei rendiconti è sempre più vicino.

Vittorio Volpi