La sera del 18 maggio 2015 a Ladispoli (Roma) un giovane di 21 anni, Marco Vanini, si lamentava in sottofondo, durante una telefonata del 118, che era giunta tardiva, e piena di falsità. A telefonnare era stato il padre della di lui fidanzata Martina,  Antonio Ciontoli, militare di carriera. mentì da subito, Antonio, dicendo che Marco era scivolato e si era punto appena con un pettine, ritardò i soccorsi, che giunsero tardivi e il giovane si aggravò rapidamente e morì dissanguato.

Marco Vanini, ucciso a 21 anni in circostanze mai chiarite nel maggio 2015

Secondo le ricostruzioni, frammentarie, dettate anche dalle riprese delle telecamere in questura che registrarono i discorsi di soppiatto fatti dalla famiglia Ciontoli, non era certo stato un pettine a “pungere” il ragazzo. Il giovane era intento a farsi un bagno nella vasca, quando Ciontoli entrò per prendere un’arma e improvvisamente partì un colpo.

Era stata chiesta l’aggravante, come pena, per Ciontoli: 14 anni. Non aveva chiamato i soccorsi, ai soccorritori e ai carabinieri aveva mentito. Invece, oggi al tribunale di Roma, la pena è stata commutata e ridotta in cinque, mentre la fidanzata e la madre e ciascuno degli altri membri della famiglia, complici dell’omicidio di Vanini, avranno tre anni di carcere.

La madre della vittima, disperata, ha interrotto la lettura della sentenza, gridando “Vergogna, la vita di mio figlio non vale cinque anni” e poi, ai microfoni dei media ha raccontato “tutti sapevano delle telefonate intercorse tra i Ciontoli e il 118, del sottofondo di mio figlio morente. Aveva tutta la vita davanti.”

Con la madre della vittima ed il padre, anche numerosi amici di Marco, che indossavano una maglietta con la sua foto e che hanno protestato vivamente alla lettura della sentenza della pena ridotta.

la famiglia Ciontoli. A sinistra il padre, in basso la fidanzata di Marco