Pubblichiamo questo interessante articolo come contributo al dibattito su “uno sviluppo sostenibile” (titolo originale).

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Assillati, come siamo, dai nostri mille problemi quotidiani dimentichiamo che essi fanno parte – cause e conseguenze insieme – di un fenomeno ben più vasto che viene identificato come un radicale cambiamento globale. Da un punto di vista sia economico, sia ambientale, territoriale, climatico.

Ambiente ed economia sono strettamente correlati. La supremazia del liberismo dopo la fine dell’Unione Sovietica ha portato ad uno sregolato sistema produttivo che da un lato ha intaccato profondamente le risorse del pianeta, dall’altro lato ha aggravato l’inevitabile riscaldamento globale della Terra. Risultato. Caccia alle risorse naturali con le conseguenti guerre spacciate quali esportazione di democrazia, catastrofi naturali sempre più rilevanti e milioni di persone in fuga verso lidi più prosperi e tranquilli.

È possibile conciliare produzione (posti di lavoro) e ambiente? Sì, dicono gli esperti, con programmi di “sviluppo sostenibile”: uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Concetto che negli anni si è articolato riguardando, per citare, il sistema pensionistico (i contributi versati oggi dal lavoratore non servono ad assicurare la propria pensione, ma a pagare quella di chi ha smesso di lavorare); e la solidarietà all’interno delle generazioni (redistribuendo il reddito in maniera equa).

I programmi di sviluppo sostenibile si basano principalmente su due direttrici: sostituire l’economia lineare che porta a scartare il prodotto dopo l’utilizzo, con l’economia circolare che punta a riutilizzare lo scarto.

La domanda è: il radicale cambiamento del modello di sviluppo quali conseguenze avrà perl’occupazione, destinata a ridursi progressivamente anche per l’arrivo di nuove tecnologie (robot)? Le polemiche sono feroci. Gli Usa, per esempio, hanno scelto di salvare i posti di lavoro nelle miniere di carbone e nell’industria estrattiva del petrolio a scapito delle conseguenze per l’ambiente; e il Brasile di intaccare gravemente l’ultimo polmone verde della terra per ricavare materie prime e legname.

Semplificando. Secondo i diversi scenari elaborati, nei Paesi, come l’Italia, ad economia avanzata, non ci sarebbero sostanziali vantaggi, in termini occupazionali, adottando l’economia circolare e il passaggio non sarebbe indolore. Ma l’incommensurabile vantaggio sarebbe di lasciare a chi verrà dopo di noi un Paese, un pianeta più vivibile. Infatti, come dice un proverbio dei nativi americani (più saggi evidentemente di chi è loro succeduto) “noi non ereditiamo la Terra, la prendiamo a prestito dai nostri figli”.

Achille Colombo Clerici