Norma Cossetto aveva 23 anni quando fu stuprata e uccisa dai partigiani titini jugoslavi. Era una brillante studentessa laureanda in lettere e filosofia con una tesi di storia intitolata Rosso Istria, dal colore della polverosa terra carsica in cui lei, italiana, era orgogliosa di vivere e nella quale lei, in quanto italiana, fu gettata dopo indicibili sevizie.

Assieme a lei, altri 10mila civili furono gettati, spesso ancora vivi, nelle Foibe, cavità naturali dell’alto piano del Carso.

Da questa vicenda, (e dal titolo della tesi della martire della follia comunista, un’omaggio alla giovane trucidata) è stato tratto il film dell’anno, Rosso Istria – Red Land. 

Il film di Maximiliano Hernando Bruno è una narrazione magistrale, scarna e cruda, che fotografa una vicenda storica spesso troppo volutamente dimenticata. Si incentra su una sola foiba, quella di Villa Surani, con una fotografia suprema, un incessante richiamo al contrasto tra la natura, il divino in essa, e l’efferata violenza umana.

Norma non è la protagonista del film, al contrario la narrazione è uno sguardo ampio, che spazia dal giovane disertore stanco di sottostare al fascismo che finisce egualmente per sottostare agli spietati fautori della guerriglia comunista (Giorgio), alla ribelle che confluisce nelle fila comuniste tradendo la propria amica Norma e non mostrando pietà al momento del di lei sommario processo (Adria), alla consapevolezza della tragedia nella quale gli istriani italiani stanno per piombare, personificata solo dalla follia un demente- preveggente (Italo).

Nel ristretto universo rappresentato da una moltitudine di personaggi disperati, la morte avanza sopraffacendo la vita, il tradimento prevarica sui legami, sulla famiglia, sull’humana pietas ancestrale barbaramente calpestata.

I personaggi, inermi o agenti, soccombono, siano essi anonimi, come la giovane contadina croata stuprata sotto gli occhi della madre dagli jugoslavi titini solo perché sposa di un italiano, o ben definiti come il prete del paese, che si rifiuta di mettere la propria parrocchia “al servizio di assassini” poiché “La Chiesa è solo di Dio”, che per questo viene impiccato alle sue stesse campane che suonano, sconnesse, un inno alla morte e alla violenza.

Gli attori sono tutti pressoché sconosciuti, e bravissimi (soprattutto Selene Gandini, che interpreta Norma Cossetto). Eccezion fatta per alcune stelle cinematografiche che spiccano nei loro ruoli grandiosamente tragici: Geraldine Chaplin, che apre la narrazione in flashback, come unica sopravvissuta, e Franco Nero, splendido nel ruolo del professore universitario che discute col prete sul dilemma dell’amore di Dio verso i suoi figli in così tanta violenza, che non esita ad ammonire i carnefici che lo minacciano, per poi concludere la sua interpretazione con l’elevatissima scena del suicidio, per non essere catturato dai partigiani, mentre ascolta il Gloria di Mozart.

Maximiliano Hernando Bruno, argentino e italiano d’adozione, esordisce dunque come regista e lo fa in modo magnifico.

Il film farà discutere, senz’altro. Poiché la violenza sfrenata dei partigiani titini, fautori di una pulizia etnica nella Jugoslavia dopo il 1943, non è mai stata accettata oppure viene menzionata solo in relazione alle nefandezze compiute precedentemente dai fascisti a danno della  popolazione jugoslava. Quasi come un odioso comportamento giustificazionalista.

In diversi cinema la proiezione di Red Land ha rischiato d’essere impedita da alcuni fanatici di estrema sinistra che hanno imbrattato le vetrate delle sale cinematografiche; a Parma l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) proprio quest’anno ha incentrato l’annuale convegno “Foibe e Fascismo” (anacronisticamente volto ad associare le Foibe alle azioni fasciste e non a quelle jugoslave), sul caso di Norma Cossetto come “un falso storico.”

Nel frattempo, la proiezione in prima visione sulle reti nazionali italiane, ieri sera ha ottenuto un milione di spettatori (numeri altissimi, considerati anche in un venerdì sera, in cui si proiettava il festival Sanremo, il quale ha risentito dei numeri, a scapito di Red Land.)

Insomma, Red Land è un horror storico. Ed è ancor più terribile perché ispirato alle nefandezze storiche. Mi domando perché non sia stato candidato agli Oscar, perché tra tutti quelli visti quest’anno, è sicuramente il migliore, per l’interpretazione dei protagonisti, il montaggio, la narrazione, la veridicità. La quale, spesso, fa male.

Chantal Fantuzzi