(fdm) Benché non membro del Comitato referendista, sono stato attivo nella campagna contro la Scuola che verrà. Il mio “colpo” più brillante l’ho piazzato con l’intervista al professor Zambelloni (“Sì, sono pronto a firmare il Referendum”), che ha avuto più di 15.000 letture. Per un piccolo portale come Ticinolive il risultato è eccezionale.

Pubblico volentieri il testo di Daniela Pugno Ghirlanda, che tuttavia mi lascia perplesso. Perché mai? Perché sembra… la Scuola che verrà introdotta a fettine, con misure di interesse sostanzialmente sindacale. Misure incerte nel migliorare l’insegnamento e il profitto ma sicure nell’aumentare la spesa.

La Scuola che verrà di Manuele Bertoli è stata bocciata e la bocciatura è stata pesante, non si può far finta di niente. Ancor più pesante se si pensa che PLR e PPD in parlamento avevano votato compatti in suo favore. Difficile immaginare una mossa più infelice.

Dopo la batosta è secondo me del tutto normale che molti frenino. Si può, decentemente, far finta di niente? Sarebbe veramente poco saggio.

E bisogna anche vedere quali sviluppi ci saranno al DECS, dipartimento al quale il PLR intensamente aspira (e che ha perso nel 2011 dopo centinaia di anni).

Voi dite Bertoli, o magari Mirante; ma io ricordo, quand’ero ragazzino o studente, Galli e Cioccari; da professore Sadis padre, Speziali, Buffi e Gendotti. Che tempi!

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La legislatura si sta per concludere, è tempo di bilanci. Da tre anni partecipo ai lavori della Commissione speciale scolastica del Gran Consiglio e anch’io mi chiedo: che cosa abbiamo dato in questo periodo alla scuola dell’obbligo? Alla scuola di tutti? Niente. Questo è il malinconico bilancio. Dopo il voto sulla scuola dello scorso 23 settembre, avevamo comunque a portata di mano l’occasione per concludere questa legislatura dando un aiuto importante agli allievi della scuola media che – come è unanimemente riconosciuto- ne hanno particolarmente bisogno. L’occasione non è stata colta.
Eppure sul tavolo della Commissione scolastica c’era una vecchia mozione dei deputati Polli e Pagani, risalente al lontano 2014. Nelle scorse settimane il Consiglio di Stato aveva dato luce verde proponendo qualche correttivo e il rapporto dei colleghi Celio e Ghisletta era praticamente pronto per andare in Gran Consiglio.

Portando avanti questa mozione, avremmo potuto dire di sì all’introduzione di 6 ore in più di insegnamento a classi dimezzate (i già sperimentati “Laboratori”) e proprio in italiano, tedesco e matematica, materie che più incidono nella formazione di base di una persona. Non l’abbiamo fatto.

Avremmo potuto reintrodurre dei corsi di recupero disciplinari per gli allievi in difficoltà, potenziando il monte ore a disposizione delle sedi scolastiche. Non l’abbiamo fatto.

Avremmo potuto dare al docente di classe un’ora in più per permettergli di seguire meglio i suoi allievi in III e IV media nel difficile momento della scelta professionale. Non abbiamo fatto neanche questo.

Erano tutte proposte concrete, realizzabili e condivise da chi lavora sul campo e dagli esperti di materia. Non chiacchiere vaghe come quelle che abbiamo avuto occasione di leggere in molti interventi, alcuni recenti e piuttosto corposi, che parlano di scuola senza dire niente. Ma, contro ogni logica, i rappresentanti dei gruppi parlamentari del centro e della destra hanno voluto rimandare ogni decisione a dopo le elezioni. Contro ogni logica, lo ribadisco, visto che la maggioranza della Commissione è costituita proprio dai rappresentanti dei gruppi che hanno elaborato la mozione (sostenuta anche dai Socialisti e dai Verdi).

Che cosa sta succedendo? Le proposte contenute nella mozione non vanno più bene? Ne dubito, i pareri sentiti fino ad ora dagli addetti ai lavori sono tutti favorevoli, in particolare in merito all’aumento delle ore di Laboratorio, pratica quest’ultima conosciuta e apprezzata nel nostro Cantone, già dal 2003. O forse le proposte della mozione non sono ritenute sufficienti, non coprono tutti i bisogni? Anche di questo dubito, visto che la riforma “La Scuola che verrà” era caduta in votazione proprio perché ritenuta, tra l’altro, una riforma scolastica di portata troppo vasta.

Non c’è una sola ragione valida nel voler rimandare tutte le decisioni a “dopo le elezioni”. Non è troppo difficile intravvedere in questo forzato immobilismo dei calcoli elettorali dettati da brame partitiche e da accodamenti opportunistici. Io ritengo che rimandare oltre interventi giusti e necessari a favore della scuola dell’obbligo sia un modo di agire irresponsabile. È giusto che l’opinione pubblica sappia che il Parlamento, in questi quattro anni di legislatura, non ha fatto niente per la nostra scuola dell’obbligo. Il bilancio qui si chiude e non posso che augurarmi che i nuovi eletti sappiano fare meglio.

Daniela Pugno Ghirlanda
Deputata PS in Gran Consiglio