Il presidente Moon Jae-in

Anche per la quarta maggiore economia asiatica è tempo di preoccupazioni. Sono finiti già i tempi (2007) allorché il premier Lee Myung-bak lanciava la “strategia 7-4-7”.

Aumento del PIL del 7% per dieci anni, reddito pro-capite a 40mila dollari entro il 2017 e Corea come 7ma economia mondiale. Negli uffici del potere, politica e burocrazia, si discute con fervore e ci si preoccupa per una prossima crisi. Visto dall’esterno tale preoccupazione potrebbe risultare un’esagerazione perché l’economia risulterebbe essere in buona forma. La crescita economica è poco al di sotto del 3%, le esportazioni positive e la disoccupazione intorno al 4%.

“Così averne” si potrebbe dire anche se lontani dal progetto del 7-4-7, ma purtroppo questi indicatori macroeconomici nascondono una evidente realtà per la Corea del Sud, una delle quattro “tigri asiatiche”. All’orizzonte si  intravvedono delle confluenze di cambiamenti negativi che potrebbero essere molto dannosi per Seoul, se il governo non prenderà velocemente drastiche decisioni per riforme strutturali.

Due i pericoli maggiori in vista: in primis la minaccia dei prodotti cinesi, sempre  più competitivi nei prezzi. Se la Cina vuole essere per il 2025 il leader mondiale nella tecnologia, con tutte le risorse sulle quali può contare, per il vicino di casa coreano si profilano cattive notizie.

Per farsi un’idea basterà ad esempio osservare la concorrenza Huawei e Samsung. Ed in altri settori industriali, dove i colossi Samsug, Hyundai, Kia, ecc,  sono ora in difficoltà.

Negi anni scorsi, in molti settori,  la Corea del Sud dominava; semiconduttori, acciaio, cantieristica, auto. Ora invece sente il fiato sul collo del vento da Ovest. Con una grossa popolazione, 50 milioni di abitanti, la strategia industriale non ha scelte.  Non più prodotti a basso valore aggiunto. Deve collocarsi invece al vertice della “curva di Smiley”, cioè  aggiungere valore ai suoi prodotti, per esempio investire massicciamente in ricerca e sviluppo.

Il caso non si concilia con la politica spesso egoistica dei “chaebol” i gruppi industriali tradizionali  che non necessariamente pensano al paese, ma al loro conto economico. Naturale per le  famiglie di controllo che, attese le dimensioni, sono sempre più potenti. Inoltre l’attuale Presidente Moon Jae-in ha promesso dopo la vittoria elettorale di migliorare il tenore di vita dei cittadini e convertire il Paese in uno più giusto,  più equanime. Ma i risultati ultimamente non si vedono e a 65 anni Moon ha fretta di lasciare il suo marchio sulla storia della Corea.

Inoltre il governo deve contemporaneamente affrontare due grossi problemi: la società che invecchia, ha gli stessi problemi del Giappone (che però da anni i prende contromisure) e nostri in Europa. E, latente, c’è  il problema politico della Corea del Nord. Una vera spada di Damocle che dal ’53 incombe su Seoul. La linea di demarcazione a Panmunjeom è solo ad una manciata di chilometri dalla capitale sudcoreana.

Moon, fortemente di sinistra e favorevole ad unirsi al Nord nel tempo, si trova anche ad affrontare una forte opposizione conservatrice che considera un azzardo ogni passo in avanti con Pyongyang. Gli avversari sostengono che le riforme devono anche essere ”spirituali”, che vuol dire tornare indietro nel tempo e ricordare il miracolo coreano, quello che hanno saputo fare.

Il paese era distrutto da una sanguinosa guerra civile (1950-53) che fece nella penisola 2.3 milioni di morti. Rimasto negli anni ’50  con un reddito pro-capite di poche centinaia di dollari ed un’economia povera, prevalentemente agraria. Con grande coraggio ed abnegazione, supportato dall’ottimo livello degli studi (da paese confuciano lo studio è un impegno sociale importantissimo e l’analfabetismo è minimo) in mezzo secolo ha saputo conquistarsi un posto di rilievo nel mondo industriale.

Il cambiamento per il futuro, sostiene Moon, deve voler dire pensare alla gente ed alla ancora latente povertà e carenza di strutture sociali. Il paese della “calma del mattino” insomma  si trova ad un bivio critico per l’economia. E deve anche affrontare problemi esterni al paese ed incontrollabili. Un “sandwich” fra la superpotenza cinese ed il colosso giapponese con la variabile imponderabile  della sfida nucleare al confine, a vista, con la  “monarchia rossa”.

Ma la tempra dei coreani è forte: hanno pochi rivali al mondo quanto ad impegno e capacità.

Vittorio Volpi