“Inconciliabili!”

L’affermazione è perentoria e non lascia spazio a interpretazioni di comodo. Noi sappiamo chi vuole a tutti i costi l’Accordo quadro: la grande industria e il grande capitale. L’indipendenza e la sovranità del Paese sono per questi poteri forti qualcosa di… (vorrei trovare la parola giusta)… qualcosa di sacrificabile.

Dobbiamo cedere al più forte? La risposta di Tettamanti è chiarissima.

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Un accordo tra l’UE e la Svizzera che riguardi aspetti istituzionali è impossibile per l’inconciliabilità tra le istanze dei due contraenti, a meno che uno dei due rinunci ad essere se stesso.

Tito Tettamanti con Marcello Foa, presidente della RAI

L’UE è una potenza egemone che raggruppa quasi tutti i Paesi europei con una sua comprensibile logica di potere. Mira ad una sempre maggiore coesione tra i Paesi membri, con conseguente continua cessione di sovracomodo. nità dai singoli Stati a Bruxelles, una visione centralistica con sempre maggior uniformità e annullamento della competizione dei sistemi. Nell’ambito di questo quadro è evidente che l’esistenza di un piccolo Paese di otto milioni di abitanti al centro dell’Europa stessa sia per Bruxelles un’anomalia, ancora più difficile da tollerare da un’UE incattivita dai propri insuccessi, divisioni e dalla decisione del popolo inglese di uscirne. Dal suo punto di vista vi sono solo due possibili soluzioni: o la Svizzera aderisce all’UE, oppure, se non vuole diventarne membro, nei campi di comune interesse deve accettarne comunque le leggi come pure la giurisdizione del tribunale europeo. Per noi svizzeri, al contrario, l’ideale sarebbe poter godere dei vantaggi di partecipare al mercato comune senza – come si suol dire – pagare pegno.

Le negoziazioni si sono protratte sulla base di (voluti?) malintesi ma alla fine il risultato è chiaro. L’accordo con l’UE lede la nostra sovranità, è di chiaro vassallaggio. All’art. 1 fissa gli obiettivi, si parla di pari trattamento nel mercato interno per la Svizzera nel quadro istituzionale dell’Accordo e della procedura di recepimento da parte nostra degli atti giuridici dell’UE e della loro interpretazione e applicazione uniforme. In buona sostanza, come precisato dall’art. 5, la Svizzera si obbliga ad integrare nella propria legislazione dinamicamente e automaticamente le disposizioni emanate dall’UE. Ciò equivale a perdere la sovranità di legiferare.

Ma la Svizzera non può ricorrere contro le leggi che non volesse accettare? Certo, lo prevede l’art. 10. Vi è un tribunale arbitrale il quale però nei casi in cui vi è di mezzo il diritto europeo (cioè tutti o quasi) deve attenersi (come previsto dagli artt. 4 e 10 dell’Accordo proposto) al giudizio interpretativo della Corte europea. Siamo da capo, perdita di sovranità non solo nell’emanazione delle leggi e nell’obbligo praticamente di accettare le leggi straniere, ma anche perché sostanzialmente soggetti a un tribunale straniero.

Come se ciò non bastasse sembra chiara l’intenzione dell’UE per le vie dell’accordo proposto di imporci successivamente la Direttiva del Parlamento europeo (29.04.2004) sulla cittadinanza del-l’Unione. Ciò comporterebbe obblighi oggi non esistenti per la Svizzera relativamente alla più celere concessione del domicilio ai cittadini UE, restrizioni alle condizioni per eventuali espulsioni e obbligo di sostituirci al Paese di origine nelle prestazioni per l’assistenza pubblica nel caso di inabilità al lavoro o disoccupazione di lungo periodo. Vale a dire ingenti costi che dobbiamo sopportare noi al posto dei singoli Paesi dell’UE.

Infine, anche i Cantoni sono preoccupati, ritengono che partendo dall’accordo proposto e in considerazione dell’intenzione da parte di Bruxelles di aggiornare l’accordo di libero scambio (1972) l’UE potrebbe ottenere il diritto di interferire nelle politiche cantonali relative a certe misure fiscali, agli aiuti all’insediamento di aziende, agli aiuti regionali e pure relativamente alla garanzia statale per le banche cantonali. Tutte misure inaccettabili dall’UE perché considerate alla stregua di aiuti statali. Oltre che la sovranità si aboliscono parti di federalismo.

Vi è un prezzo che giustifichi la rinuncia alla sovranità legislativa, l’accettazione di giudici stranieri, limitazioni del nostro federalismo, vale a dire il passaggio a condizioni decisamente di vassallaggio? Le mie convinzioni mi portano a dire di no, ma democraticamente è doveroso valutare gli argomenti specie di una parte del mondo dell’economia estremamente preoccupata e che raccomanda con insistenza l’accettazione, terrorizzata dai presunti costi di un mancato accordo. Li analizzeremo in dettaglio in un prossimo commento.

Tito Tettamanti

Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata