Risvolti sempre più inquietanti sono seguiti all’arresto dell’infermiere dell’ospedale Beata Vergine di Mendrisio, avvenuto lo scorso dicembre. L’uomo sarebbe finito in manette dopo che lo scorso autunno un collega avrebbe denunciato ai vertici dell’ospedale i metodi “poco ortodossi” utilizzati dall’operatore sanitario. L’infermiere implicato, 44enne svizzero, era stato immediatamente sospeso e in seguito arrestato con ipotesi di reato di lesioni gravi, lesioni semplici e coazione. La situazione tuttavia è peggiorata col proseguire delle indagini.

Alle dipendenze dell’ospedale da ormai venticinque anni, l’operato dell’uomo non ha mai destato sospetti, anche se alcuni colleghi che l’hanno conosciuto bene hanno parlato di una personalità particolare, che potrebbe definirsi doppia. L’accusato avrebbe maltrattato alcuni pazienti anziani e, nel corso degli anni, avrebbe persino favorito la morte di alcuni di loro alterando il dosaggio dei farmaci, come ammesso dall’imputato stesso durante l’interrogatorio. La faccenda è seria, l’inchiesta condotta dal procuratore Nicola Respini pare essersi addentrata in dettagli sempre più gravi, ipotesi confermata dal fatto che l’ospedale interessato ha annullato i festeggiamenti che dovevano tenersi in onore del direttore in partenza, Graziano Selmoni.

Due giorni fa, la situazione si è aggravata ulteriormente. Il Ministero pubblico e la polizia cantonale hanno riferito che le accuse nei confronti dell’uomo, ora in carcerazione preventiva, si sono ora estese. Nicola Respini ipotizza addebiti di omicidio intenzionale, subordinatamente omicidio colposo. Accuse gravi che vanno ad aggiungersi a quelle già ipotizzate inizialmente. Dal canto suo, come riferito da Corriere del Ticino, l’ex dipendente dell’OBV ora respinge le accuse ammettendo al massimo “un comportamento poco conforme all’ambiente sanitario”. Le indagini si stanno svolgendo con estrema discrezione e pertanto né l’EOC, é il Ministero pubblico rilasceranno ulteriori dichiarazioni. Tuttavia, stando a quanto scrive il Caffè nella sua edizione odierna, l’accusa di omicidio intenzionale è riferita unicamente alla possibilità che l’operatore sanitario abbia agito per lenire le sofferenze dei malati terminali.

Fino ad ora le cartelle cliniche esaminate erano state tre, relative a casi avvenuti tra il 2013 e il 2018. Ma ora gli inquirenti hanno allargato il periodo delle indagini estendendolo al 2011. Sono state infatti richieste altre tre cartelle da sottoporre agli inquirenti.

Sarà senza ombra di dubbio un’indagine lunga e complessa che dovrà riuscire nell’arduo compito di perlustrare un animo umano che per adesso presenta tratti e caratteristiche difficili da interpretare. Da una parte il profilo che si delinea è quello di un uomo senza scrupoli che maltratta i pazienti anziani, dall’altra una personalità “compassionevole” che ha voluto limitare le sofferenze dei malati terminali.
L’uomo è rappresentato dall’avvocatessa Micaela Antonini Luvini.