BIRMINGHAM, ENGLAND - OCTOBER 05: Prime Minister Theresa May delivers a speech during the fourth day of the Conservative Party Conference 2016 at the ICC Birmingham on October 5, 2016 in Birmingham, England. In her first speech to conference as Prime Minister Theresa May is expected to reach out to the centre ground and try to appeal traditional Labour voters. (Photo by Matt Cardy/Getty Images)

Il culmine della confusione potrebbe essere raggiunto dal Regno Unito con le prossime votazioni del parlamento europeo che si terranno a maggio 2019.

Dopo lo stop alla mediazione che il primo ministro Theresa May ha cercato di portare avanti con grande fatica, adesso per Londra restano possibili quattro soluzioni: nuovo accordo, nessun accordo, elezioni anticipate oppure nuovo referendum. Tutte soluzioni da esiti incerti, e secondo il diritto, se per gli inglesi dovesse esserci un rinvio della Brexit, dovrebbero allora poter votare alle europee.  “Hanno diritto a loro rappresentanti al Parlamento europeo” ha detto il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani. In effetti non sarebbe possibile negare la partecipazione al voto europeo degli inglesi che per adesso, per effetto dell’art.50 del trattato dell’Unione, ne legalmente diritto.

Il ministro della cultura inglese, Margot James, si è detta pronta a lasciare il governo insieme ad altri ministri conservatori. “Non potremmo far parte di un governo che ha permesso al paese di lasciare l’UE senza un accordo”, ha affermato, esortando il primo ministro a escludere la “catastrofe”. James, insieme ai colleghi ministri Richard Harrington e Claire Perry, ha chiesto ufficialmente al governo di estendere l’art.50 del trattato europeo per evitare di lasciare il 29 marzo prossimo l’UE senza un accordo.

Theresa May, dovrebbe dunque fare un ultimo tentativo per evitare la ribellione del governo prima del prossimo voto di mercoledì sull’emendamento presentato trasversalmente dal conservatore Oliver Letwin e dal laburista Yvette Cooper che in effetti escluderebbe un no-deal Brexit.

L’opzione più probabile è lasciare che i parlamentari inglesi votino per ritardare la Brexit per un certo periodo. Un impegno che viene chiesto dalla stragrande maggioranza dei parlamentari e dalle aziende. Ma se il primo ministro non asseconderà la richiesta, la maggior parte dei parlamentari non avranno altra scelta se non agire nell’interesse nazionale per prevenire un disastro in meno di cinque settimane.

Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, ha affermato, a margine del vertice UE e Lega araba che si è tenuto a Sharm el-Sheikh, che il rinvio sarebbe una soluzione “razionale”. Estendere l’art.50 per evitare un addio di Londra a Bruxelles senza accordo dimostrerebbe senz’altro una buona predisposizione della Gran Bretagna verso l’Unione europea e viceversa.

Tutto quello che sta accadendo sta dando la misura di quanto il problema delle elezioni sia grande e anche di quanto sia stato ignorato. Non solo quelle europee, dove la ricca fetta di seggi riservata al Regno Unito è stata già ripartita tra gli altri Stati membri, ma anche quelle eventuali inglesi. Se verrà a mancare la fiducia al governo May infatti, Londra andrà ad elezioni anticipate e ad occuparsi della Brexit sarebbe dunque il prossimo governo.

Servirebbe quindi tempo. Tempo che anche i funzionari dell’UE stanno pianificando con una estensione di 21 mesi per cercare di ritardare l’uscita del Regno Unito fino al 2021 in modo da consentire al governo inglese di avere abbastanza tempo per pianificare un secondo referendum.

Un altro referendum che anche il leader laburista Jeremy Corbyn ha deciso di sostenere.