di Amalia Mirante

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Nella presente elezione Amalia Mirante è l’avversaria numero 1 del consigliere di Stato Bertoli. La questione è (lo sanno tutti): o Bertoli, o Mirante, o niente.

Io sono un fan di Mirante, e le do quasi sempre ragione. Oggi però la contesto (garbatamente) su un punto. Laddove si permette di scrivere: “le poche risorse di cui disponiamo”. Amalia, non vorrai mica scherzare? Le risorse sono “poche” solo per coloro che, se hanno 100, strillano per avere 200 e, se ricevono 200, si stracciano le vesti pretendendo 400. È la cosa più facile del mondo, basta dire (qualunque cosa accada): “è troppo poco!”.

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All’indomani del voto sulla “Scuola che Verrà” è chiaro cosa il Paese non vuole (cioè la grande riforma dalle ampie ambizioni pedagogiche). È molto più difficile, per contro, capire cosa il Paese vuole e, soprattutto, cosa sarebbe utile alla scuola ticinese.

Sono una docente e posso vedere ogni giorno i risultati della scuola pubblica grazie al confronto con gli studenti che arrivano nelle nostre scuole terziarie. E la mia impressione è che occorra ricominciare dai fondamentali.

Sapere “leggere, scrivere e far di conto” può sembrare una ricetta di altri tempi. Purtroppo non è così. Oggi abbiamo adulti che hanno difficoltà a capire un testo relativamente semplice, un contratto telefonico, un manuale di istruzioni, il foglietto illustrativo delle medicine. Sono persone che vivono immerse in un mondo di informazioni, ma non possiedono i mezzi per filtrarle, capirle, difendersi. Persone che anche alle scuole superiori faticano ad esprimere in modo efficace il proprio pensiero. In italiano, non in tedesco.

Le nostre scuole dell’obbligo sono chiamate a integrare allievi con storie personali complesse, provenienti da culture diverse, non di rado con insufficienti competenze linguistiche in italiano. Questo avviene spesso in classi troppo numerose dove i docenti sono sottoposti a pressioni contraddittorie e crescenti. Docenti che spesso sono il capro espiatorio di tutti i problemi. E ai quali si chiede di fare non solo il docente, bensì l’operatore sociale, l’educatore di strada, a volte perfino il poliziotto.

Le poche risorse di cui disponiamo devono essere utilizzate con senno. Non dobbiamo perseguire progetti avveniristici che si vendono bene nel periodo pre-elettorale e che permettono di ridistribuire risorse pubbliche a fornitori privati. Nemmeno possiamo immaginare che si possa far del bene alla scuola tramite proposte estemporanee avanzate da questo o quel partito (più tedesco? Più civica? Più scienze? Più tablet, più informatica…).

Ricominciare dai fondamentali significa ad esempio riscoprire la capacità della scuola di insegnare e non solo certificare conoscenze acquisite altrove. Significa che la scuola permette all’ascensore sociale di muoversi; e non si limita ad attestare le differenze socioeconomiche di partenza. Insegnare a leggere, a parlare meglio, a far di conto come si diceva una volta: sono missioni nobili non minimaliste. Significa creare le competenze di base che sono le fondamenta dell’assunzione di altre competenze. Significa avere le basi per affrontare qualunque rivoluzione, anche quella digitale. Tutti sanno usare un iPad, molti meno sono in grado di capire ciò con cui vengono in contatto su internet. A cosa serve una wifi superveloce, se poi non so che farmene delle informazioni con cui vengo in contatto? Se dieci anni fa non sapevo leggere un giornale, tantomeno oggi saprò difendermi da quel che trovo sui social media.

In base alla mia esperienza e al confronto con i colleghi e le colleghe anche degli altri livelli scolastici, anche chi riesce ad arrivare nelle scuole terziarie ha lacune importanti in ambiti che dovrebbero essere acquisiti alla fine delle scuole medie. Figuriamoci i problemi per chi esce prima dal circuito scolastico.

Cominciamo a investire per colmare le lacune di base nella formazione: daremo così ai nostri figli e alle nostre figlie i mezzi per affrontare il mondo nella sua complessità. Fare meglio le (poche) cose veramente importanti è la soluzione per la nostra scuola.

Amalia Mirante, docente, economista e ricercatrice, Candidata al Consiglio di Stato PS