Il pensiero per la giornata del 5 marzo non conosce alternativa possibile. Esso spetta a Giuseppe Stalin, figura possente e terribile che con Adolf Hitler domina il XX secolo.

Stalin e Roosevelt alla conferenza di Tehran (1° dicembre 1943) – Immagine Wiki commons (fonte: gov. USA)

Stalin, ormai in età avanzata, subì un colpo apoplettico nella sua dacia di Kuntsevo nella notte tra il 28 febbraio e il 1º marzo 1953, ma nessuno osò entrare nella sua camera da letto sino alla sera del 1º marzo, quando Stalin era già in condizioni disperate: metà del corpo era paralizzata e aveva perso l’uso della parola. Il comandante delle guardie avvertì per telefono Malenkov e Berija, ma i medici, arrivarono solo la mattina del 2 marzo. Stalin – dopo una lunga e altalenante agonia – morì all’alba del 5 marzo.

Drammatico è il racconto dell’ultimo istante di vita del dittatore fatto dalla figlia Svetlana. Convinto di essere vittima di una congiura, Stalin maledisse i leader comunisti riuniti attorno al divano sul quale giaceva. Secondo lo storico Roy Medvedev, tuttavia, l’ipotesi di un avvelenamento è del tutto improponibile.

I funerali di Stalin furono imponenti, con una partecipazione stimata in un milione di persone. Il suo corpo, dopo essere stato imbalsamato e vestito in alta uniforme, fu solennemente esposto al pubblico nella Sala delle Colonne del Cremlino. Almeno 500 persone morirono schiacciate nel tentativo di rendergli omaggio.

Attorno al dittatore morente si radunarono i massimi gerarchi dell’URSS. Dal Giornale (2006) riprendiamo questo gustoso (anche se probabilmente fantasioso) quadretto, che descrive il comportamento del potentissimo capo dell’NKGB, commissario del popolo per la sicurezza dello Stato, Lavrentij Berija.

“Egli, appena si rese conto che Stalin giaceva immobile sul pavimento, prese a danzargli sfrenatamente attorno urlando: «Il gatto è morto, siamo liberi». In quel preciso istante, accadde l’imprevedibile: Stalin alzò un braccio e con un occhio ammiccò. Presi dall’inquietudine e dal terrore, gli astanti si fecero silenziosi e guardinghi, improvvisamente raggelati. Nel silenzio, si vide Berija inginocchiarsi e abbracciare il corpo esanime del tiranno afferrandogli dolcemente le ginocchia e chiedere scusa con teneri accenti: «Piccolo padre, scusa ho sbagliato, sono colpevole». Poi il corpo del Segretario generale s’acquietò per sempre.”

Memorabili furono le parole che l’on. Sandro Pertini pronunciò in Parlamento in commemorazione del grande capo comunista defunto: “Il compagno Stalin ha terminato bene la sua giornata, anche se troppo presto per noi e per le sorti del mondo. L’ultima sua parola è stata di pace. […] Si resta stupiti per la grandezza di questa figura che la morte pone nella sua giusta luce. Uomini di ogni credo, amici e avversari, debbono oggi riconoscere l’immensa statura di Giuseppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto.”

Indubbiamente la memoria dei suoi crimini non conoscerà tramonto.