Riceviamo e pubblichiamo. L’articolo non impegna la redazione.

La nostra opinione, da sempre, e oggi più che mai, è che un’immigrazione soverchiante e incontrollata distruggerà in breve tempo la nostra società. Quella che conosciamo, ben inteso, poiché ci sono altre società possibili.

Il punto più debole nel discorso politico dei Socialisti (e dei Verdi, che in questo non sono diversi) è il seguente: essi antepongono cento volte gli aborigeni della Papuasia (esseri umani rispettabilissimi, sia chiaro) alla difesa e al benessere della nostra gente, che dovrebbe avere il primo posto nei loro pensieri, proprio perché si propongono quali governanti democratici del paese.

Alla fine molti finiscono per vederli come nemici. Malevolenza? Ingiustizia? Forse.

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Il nostro modo di vivere, non compatibile con la biosfera, non è l’unica alternativa alle privazioni del modo di vivere dei migranti. Possiamo immaginare un mondo diverso dal nostro e da quello di chi deve fuggire dalla propria terra, per responsabilità delle quali non possiamo crederci del tutto assolti: una società in cui la tecnologia sia finalizzata a ridurre l’impronta ecologica e non ad aumentare la produttività; in cui il benessere s’identifichi con la possibilità di garantire a tutti di far fruttare i propri talenti. L’immigrazione suscita in noi paure legittime, fondate su dubbi comprensibili da un punto di vista umano.

Ma le paure non devono determinare le nostre risposte, compromettendo il rispetto e la generosità. L’obbiettivo di alcuni fomentatori di paure è quello di rappresentare il migrante come un pericolo e un potenziale criminale, una persona da respingere. Azioni favorite dal vuoto o dalla debolezza legislativa: un trattato come quello di Dublino va contro ogni principio di condivisione e corresponsabilità, e da accordi internazionali che appaltano la “gestione” dei migranti a dittature repressive come la Turchia o Stati in mano a bande armate e gruppi criminali come la Libia. Azioni infamanti di cui l’Europa, culla dei diritti umani e della democrazia, dovrà un giorno rendere conto.

È fondamentale, a fronte di tale emorragia di umanità, denunciare le violenze e le ipocrisie. Non si tratta di essere “buonisti”, ma di esercitare la ragione e l’analisi onesta delle cose, quindi proporre misure che tengano conto della realtà e non la occultino sotto la grancassa degli slogan.

L’immigrato non è il “nemico”, semmai la vittima. Le migrazioni ci sono sempre state, fanno parte della storia dell’umanità. Il corso della storia non lo si può fermare, ma lo si può certo governare. E governare significa cominciare a ridurre le disuguaglianze e le ingiustizie, gli squilibri sociali e climatici, facendo in modo che ogni persona, a ogni latitudine, possa vivere una vita libera e dignitosa. Per governare fenomeni globali occorrono risposte globali, con buona pace della retorica “sovranista” e delle sue allarmanti derive nazionaliste, fasciste e razziste. C’è chi afferma che questa risposta globale sia un’utopia dettata appunto dal “buonismo”. Nessuno di noi, nel momento in cui è venuto al mondo, sarebbe sopravvissuto se non fosse stato accolto: l’accoglienza è vita che sorregge la vita.

Claudia Crivelli Barella granconsigliera per i Verdi e candidata al Consiglio di Stato e al Gran consiglio