Aveva settantacinque anni, quando vide la sua terra minacciata. Salì sulla galera “Capitana“, accanto alla Real di Don Giovanni d’Austria, e impugnò una balestra. Era il 1571, pochi mesi prima, nella torrida estate di Famagosta, il veneto Marc’Antonio Bragadin era stato scorticato vivo per essersi opposto alla dominazione turca ed essersi rifiutato di convertirsi all’Islam. La Serenissima, e l’Occidente tutto, erano sotto attacco: l’impero ottomano del sultano Mehmet II era potente, e pronto all’invasione. Così le forze dell’Europa  si erano unite nella Lega Santa, sotto l’egida di Papa Pio V, sperando in una solida risposta all’invasione turca. Tra i vari illustri del tempo, Machiavelli e Tasso (il quale vide la propria casa di Sorrento saccheggiata dai turchi e alcuni familiari rapiti e fatti schiavi), si esposero a favore di una battaglia decisiva.

Tra gli altri combattenti, Sebastiano Venier, già procuratore di San Marco, provveditore di Corfù, provveditore generale di Cipro e Capitan General da mar, salì sul ponte della sua nave, con delle pantofole, per stare più attaccato al suolo anche a causa dei suoi calli, ed impugnò una balestra. A un servo chiese solo di ricaricargliela ogni volta, poichè l’avanzata età non glielo permetteva. In compenso, grazie alla sua ottima mira, falciò numerosi nemici. Una freccia gli si conficcò nel piede, se la strappò da solo.

Al suo ritorno fu acclamato dalla folla, e nominato Doge sei anni dopo, (nonostante i dissapori con il covincitore Don Giovanni d’Austria.) Un anno dopo il dogato, però, morì. Riposa nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, nel sestiere di Castello, a Venexia.