Il Procuratore generale degli Stati Uniti, William Barr, ha comunicato con una lettera riassuntiva inviata al Congresso, che il rapporto del Consigliere speciale Robert Muller ha rivelato che durante la campagna politica di Trump non c’è stata cospirazione con la Russia. Né da parte del presidente, né tantomeno dai suoi collaboratori.

La lettera dice anche che Mueller non era in grado di trarre una conclusione sul fatto che Trump o qualcuno della Casa Bianca abbia ostacolato la giustizia durante l’inchiesta. Il rapporto infatti, per quanto riguarda l’ostruzione, afferma: “Anche se questo rapporto non conclude che il presidente ha commesso un crimine, non lo scagiona”.

Muller non è in grado di trarre conclusioni e non ha presentato ulteriori accuse a seguito dell’indagine durata quasi due anni che ha visto alcuni consiglieri vicini a Trump essere perseguiti penalmente. La decisione di non dare seguito a eventuali accuse, Mueller l’ha lasciata al Procuratore generale e al vice procuratore. Entrambi nominati dallo stesso Trump.

La lettera composta di appena quattro pagine, offre un piccolo quadro rispetto alla vasta indagine di Mueller sull’ingerenza russa nella campagna presidenziale del 2016. Il rapporto contiene oltre 2’800 citazioni, quasi 500 mandati di ricerca e interviste effettuate a quasi 500 testimoni.

Per questo motivo i democratici chiederanno il pieno accesso al rapporto e potrebbero anche chiamare Muller per testimoniare davanti al Congresso. Ma il Procuratore generale ha subito chiarito che è pronto a rilasciare soltanto alcune parti del rapporto, ma senza specificare quando. Ostacolato anche dalle continue indagini del Dipartimento di Giustizia di New York che stanno coinvolgendo Trump.

Al momento il presidente Trump ha sfruttato il riassunto del Procuratore generale per rivendicare la sua vittoria. Sembra probabile che Trump riesca a volgere le indagini di Mueller a suo vantaggio nelle prossime elezioni presidenziali del 2020, dimostrando di aver vinto giustamente la competizione del 2016 e che i suoi avversari, essendo disperati, fanno di tutto per ostacolarlo.

Il Procuratore William Barr, è stato scelto da Trump dopo aver inviato una lettera al Dipartimento di giustizia criticando aspramente l’indagine del Consigliere speciale sostenendo che non doveva essere permesso di mettere in discussione il presidente su un potenziale ostacolo alla giustizia. Trump non si è mai seduto faccia a faccia con Robert Muller, ha fornito soltanto risposte scritte.

I critici sostengono che il sommario di quattro pagine del Procuratore sull’indagine del consulente speciale sia quello che di meglio possa fare a nome dell’uomo che lo ha appena assunto.

Il rapporto di Mueller è suddiviso in due parti. Una parte riguarda l’interferenza russa nelle elezioni del 2016, che Trump ha sempre respinto e definito come un tentativo dei democratici di dare un senso alla sconfitta di Hillary Clinton. La seconda parte riguarda l’ostruzionismo della giustizia di Trump nel cercare di fermare l’indagine sull’interferenza dei russi.

Dunque, secondo il Procuratore generale, Mueller con il suo rapporto rifiuta di fare un tradizionale giudizio processuale, eliminando di fatto tutti gli aspetti legali e decidendo da solo che il “caso non è sufficiente” per una incriminazione.

L’inchiesta non ha stabilito che i membri della campagna di Trump cospirassero o si coordinassero con il governo russo nelle sue attività di interferenza elettorale. Un fatto non comprovato che sembra segnare la fine di un sogno democratico sull’impeachment del presidente.

Nella realtà è un rapporto positivo per i democratici, perché evita uno scontro “titanico” tra il Congresso e la Casa Bianca. Quel tipo di scontro che la Casa Bianca ha spesso vinto in tempo per la rielezione.

Anche se le considerazioni di Mueller sono state rappresentate in modo restrittivo da Barr, i problemi che sono emersi e le indagini che ha generato, sono molto più ampi. Il silenzio di una star del porno, dichiarazioni fraudolente ai creditori e agli assicuratori del settore immobiliare, una finta donazione familiare e la corruzione che comporta donazioni straniere a un comitato inaugurale.

Un noto quotidiano inglese, è riuscito ad identificare tre oscure aziende che hanno contribuito con denaro al comitato inaugurale di Trump, donando ben 107 milioni di dollari quando è entrato alla Casa Bianca nel 2017. Società di comodo che mascheravano un finanziere indiano che aveva collegamenti con Taiwan e forti legami con un immobiliarista israeliano.

Secondo le indagini, il Procuratore federale di New York e i procuratori generali del New Jersey e di Washington DC, hanno emesso citazioni in giudizio al comitato, chiedendo informazioni sui suoi sostenitori e sulle spese. La legge elettorale statunitense, infatti, proibisce agli stranieri non residenti di contribuire a campagne politiche, incluse le inaugurazioni.

Molti democratici sono delusi dal fatto che Mueller non abbia stabilito la colpevolezza di Trump e che l’impeachment rimanga una cosa sospesa. Ma i vecchi leader e i veterani delle elezioni sanno che la delusione iniziale a breve termine offre un vantaggio a lungo termine. Un anno di più rivelazioni del Congresso e un anno di ulteriori incriminazioni.