L’ex generale Khalifa Haftar sta avanzando sulla capitale con conseguenze che potrebbero avere una vasta portata. La Libia infatti è sull’orlo di una guerra civile a tutto campo che minaccia di annientare tutti gli sforzi diplomatici per riconciliare le due principali fazioni politiche armate.

Il leader del sedicente esercito nazionale libico ha iniziato una serie di offensive militari dalla sua roccaforte nell’est della Libia, conquistando anche un giacimento petrolifero chiave nel sud del paese. Un impulso visto come precursore di un attacco alla base del potere rivale: il governo di accordo nazionale con sede a Tripoli (a questo punto fragile) riconosciuto dalle Nazioni Unite.

L’assalto a Tripoli è in corso da alcuni giorni, e il risultato deciderà se la Libia rimarrà instradata su di un lungo percorso guidato dall’ONU per concretizzare una forma di democrazia che riunisca le istituzioni divise da lungo tempo, oppure ricadere in una forma di governo militare simile a quella dell’Egitto.

Le forze libiche orientali si sarebbero insediate questa mattina su Tripoli, dopo l’annuncio di una settimana fa del comandante Haftar. “Abbiamo bisogno di sbarazzarci delle milizie e dei gruppi terroristici”, ha detto Aguila Saleh, capo della Camera dei rappresentanti alleata di Haftar, aggiungendo che gli abitanti di Tripoli saranno liberati con un’azione limitata per ripristinare la sicurezza ed espellere il terrorismo.

Le forze fedeli al governo del primo ministro Fayez al-Serraj, hanno per il momento tenuto a bada l’offensiva orientale. Tuttavia violenti scontri sono scoppiati attorno a un aeroporto in disuso a circa 10 chilometri dal centro della capitale libica.

Il primo ministro ha cercato di rassicurare i suoi sostenitori occidentali, negando fermamente le accuse fatte dal rivale, secondo le quali ci sarebbero nelle fila delle milizie governative combattenti terroristi ed estremisti. Pare però che non sia proprio così. Alcuni combattenti con legami terroristici si sono uniti alla lotta del governo contro le milizie orientali. Questo perché gli attacchi spesso indiscriminati del generale Haftar hanno finito per guidare gli oppositori più tradizionali verso alleanze di disperazione. Gli stessi combattenti con legami estremisti hanno affermato di essersi uniti a favore del governo. Così come troviamo anche milizie terroristiche alleate con il generale Haftar.

La Libia è divisa in troppe fazioni. Tra questi c’è il signore della guerra Salah Badi, alleato con estremisti islamici e che è sotto le sanzioni della Nazioni Unite. Nella mischia c’è anche la Brigade Defend Benghazi, che in gran parte ha assorbito una coalizione di miliziani sotto le sanzioni delle Nazioni Unite come organizzazione terroristica colpevole di aver organizzato un importante attacco a diplomatici degli Stati Uniti dove rimase ucciso nel 2012 l’ambasciatore Christopher Stevens. Ziad Bellam, un leader di brigata che ha combattuto contro Haftar, ha dichiarato in un video online che stava tornando a combattere per Tripoli per vendicare un suo leader defunto.

Una situazione molto delicata che consentirebbe ai gruppi armati di sfruttare il caos.

Contesto che il governo di Tripoli addossa al generale Haftar proprio per il suo attacco che ha aperto la strada alla riattivazione delle cellule terroristiche dormienti in Libia che non aspettavano altro che questa opportunità.

Khalifa Haftar, si ritrae come il comandante di una lotta contro il terrorismo cercando di imporsi come nuovo sovrano militare della Libia, avendo promesso la fine del caos delle fazioni e dei feudi in guerra che ha fatto seguito alla cacciata e l’uccisione del colonnello Muammar el-Gheddafi durante la rivolta della Primavera araba del 2011.

Adesso il dibattito internazionale ha assunto una nuova urgenza, perché negli ultimi nove giorni, Haftar, che controlla gran parte della Libia orientale, ha iniziato un nuovo tentativo di conquistare il quartier generale del governo appoggiato dalle Nazioni Unite a Tripoli.

Oltre al costo umanitario, il conflitto minaccia di interrompere le forniture di petrolio, aumentare la migrazione verso l’Europa e far naufragare il piano di pace delle Nazioni Unite.

Per anni i libici hanno sperimentato le conseguenze di un’alta inflazione, caduta della valuta, interruzione di corrente, lunghe code alle banche e violenze varie. Traffico di esseri umani cresciuto in mezzo all’instabilità e, malgrado il flusso di migranti verso l’Europa sia drasticamente diminuito, specialmente in Italia, migliaia di persone sono intrappolate in campi di detenzione degradanti dove sono vittime di violenze anche sessuali.

Sono i giovani libici, soprattutto, che sono alla ricerca disperata di una fine dei combattimenti. Ma la gestione del processo di pace riflette purtroppo interessi commerciali. La Francia e l’Italia e le Nazioni Unite spesso si sono trovate in competizione tra loro.

Per il momento è importante sostenere la prevista conferenza delle Nazioni Unite e mettere in guardia Haftar dall’aver probabilmente fatto male i suoi calcoli.