Il 2 maggio si avvicina veloce. Una delle tre mostre che verranno inaugurate quella sera a Locarno sarà una mostra fotografica in bianco e nero dell’architetto Luca Ferrario, collaboratore di Mario Botta.

Per i nostri lettori abbiamo realizzato questa interessante intervista.

* * *

Francesco De Maria  Per incominciare parliamo delle fotografie che esporrà al Rivellino. Che cosa rappresentano?

Luca Ferrario  Cinque grandi fotografie del padiglione di Casa Rusca realizzato dall’architetto Mario Botta nel 2018 a Locarno.

Quali sono le loro caratteristiche tecniche?

Sono stampate a pigmenti di carbone puro dall’artista e grafico Anthony Chrétien nel suo laboratorio a Zurigo. Questa tecnica di stampa consente di ottenere delle fotografie in bianco e nero davvero straordinarie.

Perché sono speciali?

Sono mosso da una passione sincera e da una viva ammirazione per le architetture che nel tempo hanno dato forma alle città. La mia fotografia non è fatta di “immagini rubate” bensì il mio è un contributo di sguardo. La foto rivela una verità nascosta che in realtà sta davanti a noi.

Hanno anche un valore affettivo per lei?

Ogni fotografia ha la forza di fissare un attimo, una piccola parte di storia che ricorda un padiglione che non c’è più.

Ho sentito dire che è stata usata una carta di un tipo particolare. È così?

Le fotografie sono stampate su fogli appositamente realizzati a mano in Vallemaggia da François Lafranca. Una carta estremamente sofisticata e dalla struttura complessa, una vera sfida data l’irregolarità della superficie. François Lafranca è un maestro della carta, nel corso della sua vita ha collaborato con artisti straordinari quali: Chillida, Ben Nicholson, Dorazio, Richter, Tobey, Enrico Castellani e tanti altri.

Lei, fotografo dell’anno 2019, come si lega all’arte di Leonardo, che chiude la sua vita nell’anno 1519?

Leonardo, uomo geniale, ha sempre messo in discussione ciò che gli altri prendevano per vero per capire dove fosse il giusto, perché solo grazie all’esperienza capiamo la realtà delle cose. Anche il mio progetto è frutto di una sfida fatta di numerose prove di stampa con carta realizzata a mano rispettando le fasi lunari. Abbiamo stravolto i canoni classici della fotografia, per trovare un nuovo equilibrio. Il risultato sono delle fotografie di forte impatto emotivo che nella loro immobilità raccontano.

L’evento del 2 maggio è stato ideato e realizzato da Arminio Sciolli, operatore culturale e gallerista. Che rapporti ha con lui? Che cosa pensa di lui?

Stimo Armino, un amico che non ha mai smesso di credere in questo progetto. Ambizioso, colto, eclettico collezionista d’arte ma soprattutto uno che non si arrende mai. Nobile la sua scelta di esporre le mie fotografie. Con questa esposizione darà un forte contributo alla credibilità della fotografia come linguaggio dell’arte.

Se io le dicessi: mi faccia una singola foto del Rivellino, come la scatterebbe?

La scatterei col cuore, come tutte le altre, con l’intento di comunicare il valore del silenzio.

Mario Botta è stato il suo primo e principale maestro, moltissime parole sono state spese per lui. Ci dica in poche righe come lo vede lei.

Gli devo molto, come architetto e come uomo, mi ha offerto possibilità di apprendimento uniche. È senza dubbio una figura di riferimento nel panorama culturale svizzero ed internazionale.

Di tutte le opere sacre del Maestro (ricordo la recente mostra a Casa Rusca) quale predilige?

Amo la chiesa di Mogno, incorniciata da montagne e cielo, un’opera che riveste un ruolo importante per la storia dell’architettura contemporanea ticinese.

Lei è un laureato dell’Accademia di architettura di Mendrisio. Che cosa dà questo giovane istituto al Borgo e al Ticino?

L’accademia di Mendrisio vanta docenti provenienti da tutto il mondo che si sono distinti grazie alla qualità delle loro architetture. È ubicata in un luogo accogliente, ben organizzato, raccolto e poco distante da Milano. È una delle università prescelte fra i futuri architetti a livello mondiale.

Ci sono delle fotografie “normali” (belle o brutte, secondo i casi) e delle fotografie d’arte. Dove passa il confine?

È l’interazione con il pubblico che fa l’opera d’arte. A chi guarda spetta l’ultima parola.

Si fotografa tutto, dalla suocera alla torta di compleanno, dalla crociera sul Danubio all’incendio di Notre-Dame. Lei è fotografo di architettura. Il suo lavoro ha dunque delle caratteristiche ben definite…

Con il mio lavoro cerco, attraverso la fotografia, di restituire la mia visione dell’architettura senza caratteristiche definite. L’importante è saper vedere.

Ci parli dei suoi apparecchi (Hasselblad). Sono i migliori al mondo? Quanto costano? Se dovesse affidarsi a una “seconda” marca, quale sceglierebbe?

Utilizzo un’attrezzatura Hasselblad di altissimo livello, una “fuoriserie” della fotografia.Non scendo a compromessi, vorrebbe dire fare fotografie di seconda scelta.

Abbiamo convissuto a lungo con le foto stampate su carta, oggi sono diventate una rarità. La fotografia digitale è un evidente progresso tecnico; ma… c’è eventualmente qualcosa che si perde?

La fotografia digitale ha dato ha tutte la possibilità di realizzare delle immagini, ma questo non significa che tutti siano fotografi.

Qual è il suo impegno attuale, per chi e a che cosa sta lavorando?

Ho sempre nuovi progetti, per scaramanzia e discrezione ne parlo a progetto realizzato.

Per finire in bellezza… chi è il più grande fotografo di tutti i tempi?

Ci sono tanti fotografi straordinari, sceglierne uno è riduttivo.

Esclusiva di Ticinolive