L’intervista che Paolo Beltraminelli ha concesso al Corriere a un mese dalla sua esclusione dal Consiglio di Stato ha suscitato numerosi e vivaci commenti. I politici (come categoria) sono amati ancor meno degli avvocati e dei dentisti, e certa gente in verità non tenta neppure di controllarsi. Sputano rospi giganteschi ma forse (lo ammettiamo) bisognerebbe cercare di comprendere le loro disgrazie e la loro infelicità.

Un commento interessante e critico, formulato in termini urbani, è stato scritto da Nicoletta Barazzoni sul “social” dominante.

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Sto cercando di interpretare l’espressione “è stato come un licenziamento in tronco”. L’espressione è decisamente infelice e inopportuna perché tocca chi è stato davvero licenziato e porta i segni pesanti del licenziamento che non è assolutamente paragonabile alla non rielezione di un consigliere di stato, che non sarà mai nell’indigenza. Credo però che si riferisse più allo stato d’animo che alla realtà di un vero licenziamento, nel senso che la sua sensazione è quella di chi si è trovato senza più avere delle mansioni. Ha utilizzato una metafora che poteva evitare perché stride e dà fastidio. Forse era meglio se ricorreva a una metafora tipo: è stata una doccia fredda, o una martellata in testa, o è stato come un fulmine a ciel sereno, o è stato come un re che ha perso il trono e il suo regno. Di metafore si tratta. Poi sul suo operato l’elettorato ha deciso senza attaccarsi alle metafore.