A pochi giorni dalla pubblicazione della sua tragedia (vedi qui) abbiamo voluto conversare con Chantal Fantuzzi su una vicenda triste e patetica di un lontano passato delle città di Mantova e Parma, quest’ultima la città dove Chantal stessa vive e studia.

Un’intervista di Francesco De Maria.

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Chantal Fantuzzi (foto di David Cuciz, Lugano)

Francesco De Maria  Oggi viviamo nel regno dell’online, ma il libro, forse, non tramonterà mai. Perché è così importante per te avere la tua tragedia stampata su carta?

Chantal Fantuzzi  Tutte le opere dei grandi ci sono pervenute grazie alla carta (o al papiro, alla pergamena che dir si voglia…), non online. Personalmente ritengo l’online campione dei quotidiani, dell’immediatezza, della notizia fresca, ma la carta resta il regno dell’opera scritta per durare, e soprattutto per essere studiata, meditata. Viviamo in un’epoca frenetica, in cui la prima a farne le spese è proprio la Storia. Eppure senza passato non v’è futuro. C’è bisogno di tradizioni, anzi, di innovazione in nome della tradizione. Vedere la mia tragedia stampata nell’essenza imperitura del libro mi ha generato un certo stordimento dei sensi… un’indimenticabile sensazione.

Margherita Farnese

Qual è esattamente il contenuto del libro? 

Il libro Donna Maura Lucenia è il saggio del Dott. Giuliano Masola, che tratta le vicende di Margherita Farnese dopo la monacazione. Il suo primo saggio Un parentado tra due grandi casate studiava l’utopia dell’unione tra i Gonzaga di Mantova e i Farnese di Parma, grazie allo sposalizio di Vincenzo con Margherita, e proprio riguardo a quest’ultima, si incentrava sulla di lei impossibilità di unirsi allo sposo per generare un erede, e della conseguente sua decisione (pressata dai parenti) di monacarsi. Così, ispirandomi al primo saggio del Dott. Masola, ho scritto, concordandola anche con l’Autore, la mia Tragedia Margherita Farnese. L’argomento storico e la serrata fedeltà, mi hanno imposto uno studio accurato sia della storia che dello stile, e alla fine la Tragedia è stata pubblicata nel secondo saggio, Donna Maura Lucenia, per l’appunto.

Chi ha voluto stampare questo libro? Da chi è stato edito? Come sarà distribuito? Come si può comperare?

Pubblicati dall’Autore dei due saggi, il dott. Giuliano Masola, entrambi i libri (Un Parentado tra due Grandi Casate e Donna Maura Lucenia) sono editi dalla casa Editrice Tipleco e si possono acquistare su ordinazione tramite la propria libreria, o in prima persona, collegandosi al sito internet della casa editrice stessa, Tipleco.com

Come ha conosciuto il dottor Masola? È uno specialista di questo genere di studi storici? Ha pubblicato altre opere? Si sente in affinità culturale con lui?

Ci siamo conosciuti durante l’attesa del ricevimento di un Docente universitario, a cui dovevo portare la mia prima tragedia, La Sposa dei Ghiacci, che avrei poi presentato a Lugano a Poestate nel 2017. Concordammo sulla possibilità che io scrivessi una tragedia ispirata al suo studio Un parentado tra due Grandi Casate che allora, nel 2017, era fresco di stampa. Così, mi misi al lavoro: circa dieci mesi dopo il nostro primo incontro, il 7 novembre dello stesso anno, presentammo in Pilotta il suo libro e la mia tragedia. Ora, meno di due anni dopo, eccoci in stampa: il suo nuovo studio su  Margherita, Donna Maura Lucenia, include la mia tragedia in V atti. Sì, lui è specializzato in storia moderna e contemporanea, e ha pubblicato vari studi a riguardo, io sono più improntata sull’antico e sulle lettere antiche, pertanto abbiamo lavorato in ottima sinergia.

Vittorio Alfieri

Una tragedia “in stile alfieriano”! Spiegami bene. Con quale spirito, con quali tecniche riesci a “ricreare” il sommo Alfieri?

Professore, mi chiede un segreto professionale! Anzi, entusiastico, anzi mimetico… ebbene, questo è tutto ciò che posso dire: seguo (mi sono accorta di seguirle a posteriori) entrambe le vie tracciate da Aristotele: l’enthusiasmos, ovvero la creazione ispirata, e la mimesis ovvero lo studio del linguaggio, del verso, della musicalità e dell’ardore. Già l’ardore, quello viene da se’.

Il genere che hai scelto non è troppo… sofisticato, intellettuale, per trovar spazio in una società così superficiale e chiassosa?

Certamente, e questo lo riscontro anche nelle difficoltà di pubblicazione. Quando nel 2015 scrissi la mia prima tragedia, La Sposa dei Ghiacci, essa nacque da se’, quasi fosse destino che dovesse nascere. Così fu per la successiva, La Tessitrice ancor ad oggi inedita, così fu per Margherita, almeno in parte (in parte nacque per un progetto, e anche in questo Margherita è unica). Penso di essere destinata a scrivere tragedie, e ciò mi entusiasma molto. Vero è che, conseguente, giunge la mia rivendicazione nei confronti del teatro contemporaneo: abbiamo dimenticato il vero teatro, in versi, in atti, in nome di un indefinito (e generalizzato) teatro dell’assurdo, senza azione, senza narrazione, con solo gesti assurdi, per l’appunto, in nome della contemporaneità. Io, invece, in nome della tradizione, auspico una rinascita del teatro classico, in costume, di argomento storico o mitico, nel nome di Alfieri, il mio principale ispiratore.

Se un lettore, ignorante della storia, non conoscesse la tragica vicenda di Margherita Farnese?

La tragedia tratta di una principessa costretta dalla ragion di stato a farsi suora, abbandonare il giovane che ama, dire addio al mondo stesso. Penso che già questo sia esemplare per la vicenda. Poi, al lettore dal fine gusto storico, sarà noto che la principessa era di Parma e Piacenza, che lo sposalizio con il giovane duca di Mantova Vincenzo Gonzaga avrebbe dovuto unire il mantovano al parmense, e creare un grande ducato nell’Italia settentrionale che purtroppo non si attuò mai, nonché che nella vicenda ebbero un importante ruolo i personaggi più importanti dell’epoca, da Margarita d’Austria, figlia naturale di Carlo V, al Cardinal Borromeo, ai duchi Ottavio e Guglielmo.

La trama della tua tragedia segue fedelmente i dati storici?

Si, ai fatti è fedelissima, rispetto ai tempi, invece, segue, come seguì Alfieri, anche le tre unità aristoteliche prescritte dal Filosofo nella Poetica: di tempo, luogo e azione. È in una sola notte che Margherita decide di monacarsi (una notte di primavera del 1583) e l’azione avviene in un solo luogo, il palazzo farnesiano, e riguarda solo la vicenda di Margherita (e Vincenzo). Per ora questa è l’unica, delle mie tragedie, a rispettare le tre unità.

Quali sono i personaggi principali?

Come prescrive Vittorio Alfieri, che ridusse il numero di personaggi a cinque, in nome della linearità classica della tragedia, ho tenuto anch’io i personaggi principali, i quali erano tanti, e non è stato facile sceglierli. Ad esempio nella tragedia non compare mai, ma viene solo menzionato, il padre di Margherita Farnese, che nella Storia fu un importante vincitore nella battaglia di Lepanto contro i turchi, Alessandro Farnese.  I personaggi che compaiono sono i due giovani sposi protagonisti: l’irruente Vincenzo e la tormentata Margherita, i nonni di lei, duchi di Parma, Margarita d’Austria e Ottavio Farnese, il padre di lui, Guglielmo Gonzaga, il “bel cardinale” Alessandro Farnese, zio di Margherita, il confidente di Vincenzo, Muzio Manfredi e il Cardinal Borromeo. V’è anche un’entità, una sorta di spirito, di essenza del Ducato, chiamata Virginia (chiaro rimando alla purezza interiore di Margherita), alla quale è affidato la parodo e l’esodo, nonché l’importante dialogo finale con la sua alter-ego Margherita.

Il Cardinal Carlo Borromeo

Quale ruolo rivestì la “ragion di stato” nella vicenda? Ho letto che persino il cardinale Carlo Borromeo fece la sua parte.

Il Cardinale Borromeo che aveva precedentemente interrogato Vincenzo Gonzaga sulla consumazione o meno del matrimonio, all’epoca dei fatti teatralizzati, giunge da Roma per interrogare Margherita. È al suo cospetto che la principessa rivendica se stessa, confessandogli di volersi fare monaca. Il Cardinale la benedice e accoglie i suoi voti. Nella Storia la professione di fede della novizia si protrasse un poco di più, ma quello che ho verseggiato è in fondo, quel che accadde. Aristotele scrive nella Poetica che la Storia racconta il Particolare, mentre la Poesia racconta l’Universale.

Come immagini la personalità di Margherita? Il suo atteggiamento di fronte all’amore e all’amore coniugale, alla delusione e al ripudio, alla monacazione inevitabile?

L’ispirazione e la Storia hanno fatto sì che Margherita nascesse da sé: combattuta tra l’impedimento fisico e l’amore (anche spirituale) per il giovane sposo Vincenzo, tanto da doverlo “liberare” facendosi monaca per permettergli di contrarre un nuovo matrimonio, nonché pressata dai parenti a scegliere tra il sottoporsi a una pericolosa operazione o prendere i voti. Si direbbe remissiva e invece alla fine Margherita ha il suo riscatto: comprende di dovere, come  ognuno, seguire il proprio fato, ma vi va incontro per scelta, sostenuta dal suo alter-ego spirituale Virginia, è lei stessa, in prima persona, a dire addio a Vincenzo nonché a  rivelare al Cardinal Borromeo di volersi monacare, con la metafora del giglio chiuso che tale deve rimanere, ed esser posto ai piedi della Vergine (chiaro riferimento alla Madonna della Steccata, chiesa ducale di Parma, che custodisce le spoglie mortali di Margherita).

Eleonora de’ Medici, seconda moglie di Vincenzo

Vincenzo, duca di Mantova (all’epoca dei fatti: erede) non uscì dai suoi guai coniugali senza chiacchiere e dovette sottoporsi a una “prova” in stile boccaccesco, sulla quale hanno girato anche un film (o più d’uno)…

Sì, prima affinché potesse contrarre il secondo matrimonio con Eleonora de’ Medici, la casata fiorentina esigette che si sottoponesse a una “prova di virilità” con una fanciulla del popolo di comprovata castità, Giulia Albizi, di anni ventuno. È tuttavia proprio quest’aspetto, del boccaccesco, del triviale, del romanzesco, nonché della filmografia che piace al popolo, che ho voluto tralasciare. Ci si dimentica che dietro una vicenda apparentemente ilare, una fanciulla di sedici anni fu costretta al convento per non dover piegarsi a una operazione nella quale avrebbe rischiato la vita. Scelse la vita, morendo al mondo: sarebbe restata in convento fino alla morte, giunta sessantanni dopo la sua monacazione.

Alla fine Vincenzo Gonzaga si risposò con Eleonora de’ Medici…

Infatti tutti ricordano lei, come sposa di Vincenzo. Dimenticandosi che la sua prima, giovanissima moglie, fu proprio Margherita Farnese. Ecco, io spero che la mia Tragedia, ispirata al saggio del Dott. Masola, illumini la persona di Margherita stessa. Come dice nella parodo della mia Tragedia “l’entità farnesiana”, Virginia: Or, per voi, in nova luce luminata / perché più mai non sia obliata.

Tu sei una ragazza moderna, non è vero? Perché ami tanto le lingue antiche e la storia?

Moderna? Sì, credo di sì. Vado ai concerti pop e a luglio parto per studiare a Londra. Ho iniziato a studiare il greco e il latino a 13 anni, ora, a distanza di 10 anni, credo di saper dare una risposta a perché io le abbia continuate all’Università, laureandomi in esse, ma, per farlo, debbo ricorrere alla fatalità impartitaci dal mondo greco e latino: che io studiassi il greco, il latino, la storia antica e mi appassionassi alla tragedia alfieriana in versi, era destino, per l’appunto. Oggi credo di capire che esse costituiscono la mia essenza, ed io vivo con esse. Per questo spero un giorno di poterle divulgare. Come, ancora non lo so, ma per esse combatto e con esse spero.

Esclusiva di Ticinolive