Aveva 74 anni, si è spento dopo una lunga malattia, nella sua casa, a Washington. Era direttore di Radio Capital, oltre che del sito di Repubblica, del quale era corrispondente da Washington dal 1985(prima lo era stato da Mosca, poi si era trasferito definitivamente negli Stati Uniti anche per curare la sua malattia). Per Repubblica, raccontava il mondo, i grandi eventi, aveva pubblicato numerosi saggi e aveva lavorato per La Stampa e il Corriere della Sera.

Racconta di lui repubblica, il suo giornale: Aveva lavorato con direttori come Scalfari, Ronchey, Fattori, Nutrizio e Di Bella. Aveva visto il mondo con gli occhi del mestiere, che obbliga a indagare, decifrare, capire. Bruxelles, giovanissimo, poi New York, Mosca, Parigi, Tokyo, Roma con il caso Moro, di nuovo e definitivamente Washington, l’America dei suoi figli Guido e Chiara e dei suoi nipoti. Ma l’ancoraggio del suo mondo privato era Alisa, a cui leggeva i pezzi in cucina prima di spedirli, la compagna che lo accompagnava nei viaggi, che gli faceva da sparring partner, quando masticava un avvenimento elaborandolo, prima di cominciare a scrivere.

Ezio Mauro, suo ex collega lo ricorda così: Viveva il giornalismo, non lo interpretava. E infatti il Vittorio privato, quello dell’amicizia, era uguale al suo ruolo pubblico. A cena, in redazione, nei viaggi, negli incontri ogni vicenda, qualsiasi fatto, tutti gli avvenimenti grandi o piccoli di cui si parlava per lui prendevano automaticamente il format del racconto, come se fossero pronti per essere scritti, o addirittura come se fossero avvenuti per finire nella rete del suo giornalismo. Che li reinterpretava rendendoli simbolici, o almeno emblematici, comunque esemplari.