Abbiamo trovato su Facebook questa riflessione di Claudia Rossi, che proponiamo ai lettori accompagnandola con un breve commento.

* * *

Dimostrazione pro aborto in Polonia. Immagine Wiki commons

Aborto illegale
Non cadiamo nella trappola dell’indignazione da “almeno nei casi di stupro e incesto dovrebbero permetterlo”. Così lasciamo intendere che in certe situazioni sia giustificato, mentre in tutte le altre in fondo ci sia di che vergognarsi.

Io non ci sto.
Io mi indigno perché l’aborto, per qualsiasi motivo venga fatto, è un diritto. Io mi indigno perché stanno mettendo in discussione libertà assodate da anni. Io mi indigno perché la donna non ha ragione di esistere solo come incubatrice. Io mi indigno perché per alcuni un feto vale più di una donna che ha sentimenti, desideri e aspettative. Io mi indigno perché loro pretendono di decidere anche per me.
Il corpo è mio, miei cari, e me lo gestisco io.

* * *

L’obiezione classica che viene mossa a questo tipo di argomentazione è la seguente. Essa considera il feto come una parte del corpo della madre, la quale dunque può disporre di questa “parte” a piacimento.

Il discorso cade se il feto è una nuova vita e una nuova persona, ospitata nel grembo della madre. Con ogni evidenza la divaricazione tra il pensiero “antico” e il pensiero “moderno” è totale ed insanabile.

Qualcuno dirà che la legge di Dio non può mutare. Altri diranno che la sensibilità morale e la legge degli uomini possono mutare. Il nostro non è che un invito alla riflessione.