Chiariamo subito un equivoco. Non ci sono state elezioni europee. Approfittando della convocazione alle urne per la designazione dei parlamentari di Bruxelles, nelle singole nazioni ci si è scontrati su temi di politica nazionale.

In Italia lo scontro fra Lega e 5 Stelle con conseguente possibile riequilibrio o crisi di governo e per sapere se la sinistra si fosse ripresa superando il movimento di Di Maio, ciò che è stato. In Francia prove generali per le elezioni presidenziali tra due anni: scontro Macron-Le Pen (vinto da quest’ultima) e continuo sfaldamento delle forze politiche tradizionali, leggi UMP e sinistra democratica. In Germania ci si interrogava sull’ulteriore indebolimento della coalizione governativa, specie dei socialdemocratici, ciò che è avvenuto. I Verdi hanno vinto e sono oramai il vero interlocutore di sinistra della CDU. La cancelliera Merkel arriverà o meno a fine legislatura? Grecia: prova generale per la ripresa del potere da parte della Nuova Democrazia in sostituzione della Syriza di Alexis Tsipras. Così è stato e sono già annunciate elezioni anticipate. E potremmo continuare parlando delle altre nazioni.

Va pure notato che i risultati delle elezioni al Parlamento europeo non potrebbero in nessun caso avere un effetto dirompente. Maggiori successi dei partiti «eurocritici» e sovranisti nelle singole nazioni con corrispondente aumento di deputati a Bruxelles non avrebbero potuto avere un impatto determinante. Perché? Perché l’UE è gestita da 35.000 ben pagati ed in genere competenti burocrati. Sono diretti con piglio militaresco dal segretario generale Martin Selmayr, discendente da generazioni di generali germanici, le cui doti sono riconosciute, ma che è stato eletto in modo irrituale grazie a una mossa di palazzo di Juncker, che nessuna democrazia seria avrebbe potuto accettare.

Sono loro, gli eurocrati, che fanno veramente e concretamente la politica europea, coadiuvati da 20.000 lobbisti (cifra spropositata) che a Bruxelles si danno da fare per conto dei loro mandanti (gruppi industriali, finanziari, organizzazioni sindacali, ONG) al fine di influenzare l’amministrazione e le conseguenti regolamentazioni che verranno emanate. Sì perché l’UE è avviluppata da una specie di enorme ragnatela di leggi, regolamenti, ordinanze che non dobbiamo esclusivamente ai funzionari UE, ma anche al gretto interesse di chi cerca di meglio posizionarsi sul mercato in virtù dell’intervento burocratico. Conseguenza delle concezioni stataliste.

Non bisogna farsi illusioni che l’UE imploda, scompaia o anche si modifichi sostanzialmente. La forza degli eurocrati (e dei loro sostenitori per interesse) è nella ragnatela di leggi, regolamenti e ordinanze che ha un nome: «acquis communautaire», che si dice arrivi alle 200.000 pagine. Chi fa dell’ironia sulle prescrizioni comunitarie relative alla curva delle banane, alle zucchine, alla circonferenza dei piselli, alle dimensioni dei preservativi e così via non si rende conto che in questa volutamente asfissiante ragnatela sta la forza dell’UE. Come si fa a smontare, dipanare, annullare una simile matassa di regole burocratiche? Si annulla da un giorno all’altro? Impossibile. Si smonta: come? Quale, se necessaria, la possibile sostituzione al vuoto che si creerebbe?

Le trattative con l’Inghilterra per la Brexit, che da divorzio con fair play ed amichevole si è trasformato in divorzio rancoroso, sono un chiaro esempio. Michel Barnier, da abile tecnocrate francese e forte del potere della «ragnatela», è riuscito a dimostrare che dall’UE non vi è possibilità di uscire. Neppure con una proposta di accordo di 500 pagine più allegati e anni di trattative.

Concludendo, come possiamo ipotizzare il futuro? Potremmo pensare ad una riedizione del Sacro Romano Impero dei tempi dell’Alto Medioevo, degli Ottone e degli Hohenstaufen, periodo caratterizzato più da lotte tribali e per l’investitura che da progressi politici. Un potere centrale dell’UE debole, quindi incapace di decisioni strategiche (vedi migrazione, sviluppo economico, problemi sociali, rapporti finanziari tra Sud e Nord), con continue lotte per la supremazia tra i diversi feudatari (le nazioni).

Una rappresentanza efficiente degli interessi delle nazioni europee, sia pur tra le dispute che hanno accompagnato i notevoli progressi del passato, sarebbe quanto mai necessaria e utile. Purtroppo dopo i primi passi l’idea di un’unione è degenerata e alla politica con le sue strategie è stata privilegiata la burocrazia con le sue tattiche ed i suoi lacci. Se ne pagano oggi le conseguenze.

Tito Tettamanti

Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata

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