Ieri il Consiglio federale ha deciso che per ora non intende firmare l’Accordo quadro con l’Unione Europea. Nonostante questo il Governo ha tenuto a precisare che intende “trovare con l’Unione europea delle soluzioni sulle questioni istituzionali e ritiene che il risultato dei negoziati sull’accordo istituzionale corrispondono in larga misura agli interessi della Svizzera” ma chiede anche chiarimenti su alcune questioni. Tra queste, la protezione dei lavoratori, gli aiuti di Stato e direttive sulla cittadinanza europea.

Il consigliere federale Ignazio Cassis ha ribadito che la Confederazione intende “sviluppare la via bilaterale” ma anche sottolineato la necessità di sicurezza giuridica relativa alla protezione dei salari in vigore in Svizzera. Importante per Berna anche che le disposizioni sugli aiuti di Stato non vengano applicate in modo orizzontale all’Accordo di libero scambio, in quanto in UE questo tipo di intervento statale è vietata in quanto considerata distorsiva della concorrenza.

Nella lettera diretta al presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker si afferma che “nessuna disposizione dell’accordo istituzionale potrà essere interpretata come un obbligo per la Svizzera di adottare la direttiva sul diritto dei cittadini Ue e i suoi sviluppi”. Soltanto dopo aver chiarito con la controparte questi punti fondamentali il Governo sarà disposto a discutere della stipulazione dell’accordo.

Durante la conferenza stampa i consiglieri federali hanno precisato che non hanno posto scadenze temporali nella loro missiva, quello che conta è il risultato che si raggiungerà, ma hanno anche sottolineato che trovare un’intesa in tempi brevi sia nell’interesse di entrambi le parti. Dalla Commissione europea invece arrivano commenti positivi sulla presa di posizione della Confederazione: “Si tratta di un’evoluzione complessivamente positiva” ha dichiarato un portavoce.
Soddisfatti delle dichiarazioni del Consiglio federale il PS, secondo il quale pretendere chiarimenti è fondamentale così come chiarire la propria posizione sulla protezione dei salari e l’aiuto sociale. Festeggia anche l’UDC, in quanto l’accordo non è stato siglato ma chiedono anche che la possibilità di un accordo venga definitivamente scartata in quanto mette in pericolo l’indipendenza della Svizzera.
Meno soddisfatto il PLR che invece ritiene che il Governo avrebbe dovuto prima accettare l’accordo e solo in seguito fare precisazioni, mentre il testo sarebbe stato portato avanti alle Camere. Viene espressa preoccupazione soprattutto per l’imminente riconoscimento dell’equivalenza della Borsa svizzera che dovrebbe arrivare a fine giugno. Infine, il PPD ritiene che si sia trattato di un segnale importato per un futuro bilaterale con l’Unione Europea.