Con calma e razionalità, oltre l’isteria. Un filosofo da ascoltare, da giudicare, da assolvere, da condannare.


Il Pestalozzi per me è un luogo dove si gioca a scacchi; al piano terra verso sera alcuni attempati amateur si impegnano in malinconici “blitz”, partite rapide da 5 minuti a testa. I passanti guardano, senza interesse, attraverso i vetri. Il primo piano è disponibile per eventi di varia natura: dibattiti, musica, conferenze stampa.

Chi è Aleksandr Dugin?

Perché la sua presenza fa scandalo?
È l’ideologo di Putin?
È fascista o amico dei fascisti?

Chiediamo dapprima soccorso all’onnipresente Wikipedia.

Aleksandr Gel’evič Dugin (in russo: Александр Гельевич Дугин; Mosca, 7 gennaio 1962) è un politologo e filosofo russo.

Dugin sviluppa il pensiero di Martin Heidegger, specialmente il concetto geofilosofico del Dasein, come centro mondificante al contempo universale e particolare, uno e molteplice, coniugandolo con il pensiero della scuola tradizionalista, ossia René Guénon e Julius Evola. Dugin ha svolto un ruolo essenziale nella filosofia della Russia dopo la caduta del Muro di Berlino, traducendo e contestualizzando i succitati autori. Il testo più importante di Dugin, sintesi del suo pensiero, è “La quarta teoria politica” (pubblicato in inglese come The Fourth Political Theory).

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Ha teorizzato la fondazione di un “impero euro-asiatico” in grado di contrapporsi all’Occidente americanizzato. È stato l’organizzatore e il primo leader del Partito Nazional Bolscevico e, in seguito, del Fronte Nazionale Bolscevico e del Partito Eurasia. Il suo programma politico mira anche all’unificazione di tutti i popoli di lingua russa in un unico paese attraverso lo smembramento territoriale delle repubbliche ex-sovietiche.

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L’incontro è organizzato dalla neocostituita associazione Fratria, per la quale si tratta in effetti del primo evento. Alle 16 cinque giornalisti si accomodano in una saletta al fine di esplorare il Dugin-pensiero. Avranno un’ora di tempo. Alcuni tecnici filmano. Io scatto le mie fotografie.

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Contro che cosa si batte il filosofo Aleksandr Dugin? Essenzialmente egli si batte contro il Pensiero Unico, che non può essere discusso, che demonizza i recalcitranti e li mette al bando, culturalmente e socialmente. Ad esempio il Pensiero Unico (detto anche “politicamente corretto”) sul clima, sul sesso (ideologia “gender”) e sui migranti. Chi non si sottomette è bollato come “fascista” anche se è un perfetto democratico.

Dugin ricorre spesso al termine “liberale” attribuendo ad esso una connotazione negativa ma una spiegazione c’è. Per lui liberale significa neoliberista globalizzato e globalizzante, intollerante verso ogni opposizione. Dunque egli vede i neoliberisti come nemici della libertà. E ha ragione.

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Naturalmente ho protestato, più che altro per onor di firma: “Liberale è una bella parola – ho detto – contiene in sé il il concetto di libertà”. Alla fine però mi sono convinto anch’io. Questo Pensiero Unico, che mobilita le folle, e le plagia, e unisce la Destra globalizzante con la Sinistra climatica, Greta Thunberg con papa Bergoglio, gli amori saffici con l’odio per il cristianesimo, è veramente la tomba della nostra libertà. Non tanto per la intrinseca fallacia dei suoi contenuti, quanto per l’assoluta impossibilità di dissentire. Secondo Dugin siamo divenuti schiavi del Pensiero Unico.

Aleksandr Dugin è fascista? Uno dei cinque giornalisti a colloquio ha cercato di incastrarlo, contestandogli certe sue frequentazioni italiane, in particolare i neofascisti di Casa Pound. Oppure la vicinanza culturale a un filosofo come Julius Evola, che definiremmo un tradizionalista aristocratico, antiliberale e antimoderno. Dugin ha risposto, in sostanza, di privilegiare la valenza “anti sistema” e “anti Pensiero Unico” di una persona o di un gruppo. Ha negato decisamente di essere fascista o simpatizzante fascista.

Del termine “fascista” si abusa, da decenni, in modo grottesco. Così la parola si usura e finisce per non significare più nulla di plausibile. È fascista il docente che dà un brutto voto; è fascista chi ha un moto di fastidio davanti a un figurante del pride  travestito da Fata dai capelli turchini; è fascista chi trova brutto e lugubre il manifesto viola del 14 giugno. 

È fascista chi  non crede nel riscaldamento climatico.

Aleksander Dugin è il filosofo di Putin? L’emissario di Putin? Il suo Rasputin?

immagine Wiki commons

“Non mi manda il governo, non ho alcuna veste ufficiale. Sono un privato  cittadino, un professore, un filosofo. Non sono Rasputin. E Putin non è lo zar”.

“Ma… lei incontra spesso il presidente?”

(cortese ma molto netto) “Di questo non voglio parlare”.

“Putin ha rifatto grande la Russia?”

“In una certa misura sì, dopo il crollo dell’Unione Sovietica e gli anni di Eltsin. Putin non è detto che sia il più intelligente o il più potente, ma vince perché ha compreso… la sacralità della Russia. La madre Russia è sacra“.

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Nota. Questo articolo richiederebbe degli approfondimenti che al momento, per mancanza di tempo e di studio, non siamo in grado di offrire. Contiene soprattutto le impressioni lasciate da un fugace incontro.