Grazie ad un accordo di equivalenza che la Commissione europea ha concesso alla Svizzera, le borse elvetiche possono accedere liberamente al mercato dell’Unione europea. Questo riconoscimento temporaneo dell’equivalenza del quadro giuridico però scade alla fine di questo mese e rischia di non essere rinnovato per la mancanza di progressi sull’Accordo quadro messo a punto l’ultima volta a novembre 2018 per aggiornare tutti gli accordi bilaterali Svizzera-UE, ma non ancora sottoscritto.

Lo status di equivalenza borsistica è fondamentale alla Svizzera per permettere alle banche europee e agli investitori europei di accedere alle proprie Borse acquistando e vendendo a condizioni paritetiche i titoli svizzeri ed esteri quotati a Zurigo. L’ultima direttiva europea di gennaio 2018, infatti, prevede per gli intermediari finanziari e per gli investitori europei l’obbligo di negoziare i valori mobiliari nelle sedi europee di negoziazione o in un paese terzo giudicato equivalente.

La Commissione europea sta facendo tutto il possibile per raggiungere a breve un risultato sul nuovo accordo istituzionale ed è determinata a trovare un’intesa per disciplinare le reciproche relazioni vincolando il riconoscimento dell’equivalenza.

Il Consiglio federale non intende al momento firmare l’Accordo quadro. Con una lettera firmata dal presidente Ueli Maurer inviata ad inizio giugno al presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, sono stati chiesti ulteriori chiarimenti in merito ad alcune direttive per poter concludere il processo di approvazione. In particolar modo per quanto concerne la protezione dei lavoratori, gli aiuti di Stato e la direttiva sulla cittadinanza europea. In attesa di questi chiarimenti, l’Esecutivo si aspetta che la Commissione europea conceda il riconoscimento dell’equivalenza borsistica.

La cosa più equilibrata sarebbe quella di estenderla temporaneamente. Scenario improbabile però per Juncker, dopo aver parlato personalmente 23 volte con quattro presidenti e aver perso il conto dei vari incontri iniziati nel 2014.  Nel 2017 la Commissione europea l’aveva prorogata fino alla fine del 2018. Nell’ultimo negoziato di novembre 2018 si è deciso di rinviare la scadenza al 30 giugno 2019.

È probabile invece, alla luce delle richieste di chiarimento del Consiglio federale, che la Commissione europea decida di rifiutare ogni ulteriore estensione del riconoscimento dell’equivalenza. Se così fosse, i tempi per la borsa di Zurigo rischiano di farsi più difficili. SIX Swiss Exchange e BX Exchange sarebbero a rischio. Non ci sarebbe l’autorizzazione a trattare azioni svizzere in borse svizzere se questi titoli sono negoziati anche in altre borse europee. Un impatto rilevante sulla piazza borsistica svizzera che vedrebbe il volume di negoziazione diminuire drasticamente.

Ovviamente per la Commissione europea l’equivalenza per il settore dei servizi finanziari è diventata motivo di contrattazione e verrà utilizzata per mettere pressione a Berna a sottoscrivere il nuovo e più ampio accordo istituzionale che include anche temi come la libera circolazione delle persone, il riconoscimento reciproco delle norme industriali, i prodotti agricoli, il trasporto aereo e terrestre. Inoltre la Svizzera dovrebbe aggiornare automaticamente, in base al nuovo accordo, le proprie normative nei suddetti settori per mantenerle in linea con quelle dell’Unione europea, dando voce in capitolo alla Corte di giustizia europea per l’interpretazione della legge.

Il 60% degli svizzeri, secondo un ultimo sondaggio, è favorevole all’accordo quadro con l’UE. Soltanto il 15% è fortemente contrario. L’UDC, il partito dell’Unione democratica di centro, definisce il comportamento della Commissione europea un modo vergognoso di trattare uno stato sovrano e di usare l’equivalenza come ricatto per costringere la Svizzera ad accettare l’Accordo quadro. Il partito ha raccomandato il governo di respingere questo accordo e di archiviarlo definitivamente perché mette in serio pericolo l’indipendenza del paese.

Anche se il Governo svizzero ha approvato a fine 2018 una direttiva per arginare una perdita importante del volume di negoziazione nelle Borse (ovvero in caso di mancato riconoscimento dell’equivalenza i titoli svizzeri non saranno negoziabili nelle Borse e nei sistemi di scambi dell’Unione europea) la Commissione UE sa di avere un vantaggio, che è quello di essere ben consapevole che l’accesso ad un grande mercato vale molto di più dell’accesso ad un piccolo mercato.

La tensione con Bruxelles sale invece di diminuire e trovare una soluzione per stabilizzare la relazione sembra più complesso. Proprio l’opposto di quanto sia la Svizzera che l’Unione europea si erano auspicate.