“La Commissione UE ha scelto la peggiore delle strategie possibili con la Svizzera. E anche la più controproducente ai fini dell’Accordo quadro stesso. La mancata decisione sul riconoscimento dell’equivalenza delle nostre regole borsistiche ne è l’ennesima dimostrazione. In realtà la nostra normativa sulla Borsa non offre il fianco ad alcuna critica specifica da parte europea e non ha alcun legame con la sottoscrizione dell’Accordo quadro. Ma Bruxelles sembra voler proseguire sulla via delle indebite pressioni, rivelando ancora una volta scarsa comprensione dei meccanismi di formazione della volontà politica tipici della nostra democrazia semidiretta. E sembra ignorare che da noi le decisioni maturano dal basso – per fortuna – con il coinvolgimento del popolo, dei partiti, dei partners sociali e di tutte le parti interessate, grazie alle procedure di consultazione.”  (dal Corriere del Ticino)

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Questo è l’incipit – apprezzabile – di una Opinione pubblicata oggi sul nostro principale quotidiano.

Il candidato PLR riconosce le “indebite pressioni” dell’UE sulla Svizzera, che in uno stile meno delicato si potrebbero chiamare “ricatto”. Che la negazione dell’equivalenza borsistica, grazie al “piano B”, abbia conseguenze da poco non ci arrischieremmo a giurarlo. Abbiamo sentito anche opinioni opposte.

Merlini sa che sul rapporto con l’Unione europea si gioca l’ambita elezione, e deve pertanto muoversi con circospezione, concedendo un po’ di spago ed attenuando i toni. Sul tema egli si trova, da sempre, iper-esposto.

Oggettivamente, l’agire ostile di Bruxelles è la migliore chance della Destra.