Liberali radicali e popolari democratici non hanno mai sostenuto le congiunzioni, si potrebbe dire che sono storicamente contrari. Favorevole da sempre la sinistra, in passato anche attiva nell’unire le forze, mentre negli ultimi anni è stata sterilmente alla ricerca di una soluzione che garantisse risultati migliori, Anche se il matrimonio avveniva soprattutto per interesse, bisogna ammettere che l’area era di comune ispirazione e lo è anche oggi con il fronte rossoverde. Lega e UDC, che da anni conducono a braccetto battaglie associando le liste, non fanno più notizia, anche se la firma del contratto diventa sempre più laboriosa e complicata. Anche per effetto di personalismi mai sopiti tra alcuni pesi massimi di via Monte Boglia e esponenti di lungo corso dell’UDC.

Altro è il discorso tra i due partiti storici, nei quali non sembrano essersi mai esauriti gli atavici motivi di contrasto, basati sulla filosofia politica, ma pure su fatti storici difficili da dimenticare, soprattutto a livello comunale e cantonale. All’inizio degli anni Duemila il Gran Consiglio ha affrontato diversi temi della legge elettorale, tra i quali il sistema maggioritario, sempre sonoramente bocciato, anche se oggi sembra piacere a molti, nonché la scheda senza intestazione, diventata effettiva alle elezioni cantonali del 2007, dopo un lungo iter  parlamentare e giuridico. Prima osannata da liberali-radicali e pipidini perché, affermavano con poca modestia, essendo  loro i detentori dei cittadini-votanti più validi, avrebbero raccolto tanti consensi ad personam.

La realtà non fu così. E allora è stata ed è pure ora criticata. Di certo comunque una conquista democratica, importante e significativa. Non a caso la utilizza oltre il 20% degli elettori. Fu in quel periodo di modifiche legislative che nel 2002, il Parlamento eliminò le congiunzioni. Sono stato personalmente attivo e convinto fautore di questa modifica legislativa, mentre ho assistito da ex parlamentare agli ultimi tentativi in zona Cesarini per le cantonali di quest’anno di tentare di reintrodurla, ma quell’offensiva sostenuta da destra e da sinistra non ha avuto successo. La facoltà di sommare le forze resta a livello federale dove non è mai stata messa in discussione. In questa tornata sembra sia bramata da molti, palesemente per salvare/ottenere cadreghe: chi si scandalizza dimostra, come disse anni fa un politico ticinese, di essere appena caduto dal seggiolone.

Non fanno particolarmente rumore le scelte già decise a destra e a sinistra. Interessante per contro è l’ipotesi di congiunzione al centro: per principio sono possibilista/favorevole di fronte a questo scenario. Da tanti anni sogno un bel partito di centro, tendente a destra, basato su una solida filosofia liberale nel vero senso della parola. PLR e PPD hanno molte cose in comune, ma anche tante che li dividono. La dichiarata laicità dell’uno e il referente cristiano dell’altro, la vicinanza all’economia del primo e la componente sindacale del secondo, tanto per citare due differenze sostanziali. Si tratta però di salvare un seggio al nazionale per il PPD e quello agli Stati per il PLR. In politica si sa sono i numeri che contano, e il pragmatismo indica chiaramente la strada della congiunzione. Da una parte e dall’altra si tende a negare il matrimonio di convenienza, ma di fatto è così. Tuttavia se questo dovesse permettere anche di approfondire i temi e trovare delle soluzioni accettabili per le parti, e interessanti per la governabilità del paese,  l’accordo  è da sottoscrivere. Dirigenti PLR e PPD affermano che stanno elaborando comuni strategie su diversi punti programmatici da sottoscrivere, anche a livello di Cantone. Benvengano, purché si tatti di questioni importanti per il Paese, perché solo così la base, quella di appartenenza che è ancora la maggioranza, potrebbe dire sì. Affaire à suivre.

TULLIO RIGHINETTI

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