L’articolo del Corriere del Ticino di sabato scorso sul caso di un paziente malato di linfoma al quale la sua cassa malati ha rifiutato di pagare una terapia con le cellule CAR-T e che purtroppo è deceduto senza poter beneficiare di questo nuovo trattamento, solleva numerosi interrogativi. Seppur non vi è certezza che il farmaco lo avrebbe salvato. Non vorrei soffermarmi sull’assoluta necessità, già ampiamente discussa, di garantire l’uguaglianza di trattamento e l’accesso alle cure a tutti. Se da un lato condivido la posizione dei medici in merito : ai pazienti devono essere date tutte le possibilità di guarigione ; dall’altro capisco anche quella degli assicuratori : seguire le leggi ed applicare le regole definite dal’UFSP e da Swissmedic.

Il nodo del problema sta nel fatto che se queste regole si adattano perfettamente ad una medicina basata sull’utilizzo di medicamenti tradizionali, approvati dalle autorità e rimborsati ad un prezzo che tiene conto della loro adeguatezza e della loro efficacia,  sembra che non si adattino altrettanto perfettamente alle terapie innovative.

Eppure, le terapie cellulari, come la CAR-T, la “precision medicine“, la terapia genica stanno cambiando il paradigma farmacologico: da un medicamento per trattare un sintomo o una malatia, si sta evolvendo verso la fabricazione di un agente terapeutico personalizzato per ogni singolo paziente. E’ chiaro che questo tipo di approccio è più costoso, anche se basato su dei processi produttivi standardizzati, ma se è più efficace di altre terapie e se potrebbe essere salvavita, allora deve poter essere utilizzato senza restrizione di tipo economico, anche quando non fa ancora parte della lista dei prodotti rimborsati.

Ed è vero che la decisione non deve spettare alle casse malati, ma dovrebbe essere presa da un gruppo di esperti indipendenti, sulla base dei dati clinici del paziente e dei dati d’efficacia della nuova terapia, rapportata alle terapie tradizionali. Un gruppo di esperti che possa prendere una decisione basata sull’evidenza e sull’etica, in tempi brevissimi. Una decisione che possa rappresentare un obbligo morale per gli assicuratori o al contrario una giustificazione della non presa a carico. I casi come quello citato, per fortuna, sono ancora rari ma, con il progresso della scienza rischiano di moltiplicarsi nei prossimi anni. Dobbiamo adoperarci e darci i mezzi per evitare di ritrovarci confrontati con questo tipo di situazioni, per certi versi, legalmente giuste ma di per sé tragiche e assurde. Il necessario contenimento dei costi della sanità non vuol dire e non deve voler dire rifiutare l’accesso a cure necessarie e forse vitali, non vuol dire frenare la sperimentazione scientifica, ma deve passare da un miglior impiego delle risorse e da un maggior senso di responsabilità individuale, a tutti i livelli.

Michela Pfyffer
candidata PLRT al Consiglio Nazionale