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GIORGIO GRANDINI  “Il neo Peter Pan della politica cantonticinese racconta – tramite una lunga missiva indirizzata ai suoi correligionari – la favola «straordinaria» della congiunzione delle liste PLR e PPD, in vista delle elezioni federali, che non vuol essere un «matrimonio» o una «fusione» (ci mancherebbe altro), bensì un semplice avvicinamento, volto a privilegiare «la concordanza e i valori del federalismo». (…)

Ma sarebbe comunque superficiale e limitativo gettare la croce unicamente sull’attuale dirigenza del PLR: tale metamorfosi, che si consuma lentamente, è in effetti la conseguenza dell’ormai sterile dibattito interno, dovuto al mirato congelamento/neutralizzazione dell’anima liberale e di quella radicale, che alimentarono in passato il vivace confronto politico e la profilata crescita ideologica e di consapevolezza del partito.” (dal CdT)

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La congiunzione è ormai cosa fatta ma naturalmente la partita è tutta da giocare. Il PPD vede la congiunzione come una possibile salvezza e nel partito nessuno obietta o fiata. Nel PLR invece si manifesta una certa opposizione (ma il Sì a Melide ha toccato un confortevole 69%). Ieri è stato l’ex presidente PLR di Lugano Giorgio Grandini a manifestarsi con un lungo articolo, nella sostanza abbastanza duro, pubblicato dal Corriere del Ticino.

A nostro avviso i pregi dell’accordo sul versante PLR sono due:

  • la protezione della candidatura Merlini agli Stati da eventuali rischi
  • la possibile perdita del secondo seggio leghista al Nazionale (ammesso il raddoppio a sinistra che quasi tutti danno per scontato)

Il primo è un atto di saggia autotutela; il secondo appare come un esito assai appetibile, soprattutto perché darebbe un segnale di inversione di tendenza. Se poi si arrivasse a un 26% – 17% (con 4 seggi al centro), come ha osservato l’attento direttore Pontiggia, il PLR farebbe addirittura tre eletti! Sono i miracoli dell’Hagenbach-Bischoff.

Poiché non c’è rosa senza spine (una legge di natura) è giocoforza ammettere che la “straordinaria” congiunzione ha i suoi punti deboli.

  • Potrebbe fallire. Non stiamo scherzando. Potrebbe fallire al Nazionale e potrebbe fallire agli Stati.
  • L’accordo ha come base una specie di “minestrone” comune, fatto di moderazione (contro certi pazzi estremisti), “correttezza politica”, filo-europeismo condito con una giusta dose di fatalismo, non facciamo gli eroi facciamo piuttosto buoni affari, eccetera. Se qualcuno timidamente obietta “dove sono le peculiarità del pensiero liberale (e radicale) la risposta fionda “i giovani queste cose neanche le sanno!”
  • Una certa parte (difficile da stimare) dei voti PLR potrebbe andar persa.

Le ultime parole di Grandini (nella citazione) sono particolarmente centrate. Vero, il partito si è uniformato e ha “perso le ali” (che erano state combattive, talvolta tumultuose, ma soprattutto vitali).

Oggi si ha l’impressione – è dura scriverlo ma non vogliamo rinunciare – che molti abbiano paura di parlare.