Momento cruciale per i destini del Paese   (titolo originale)

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La frase che costituisce il titolo è quella che più di ogni altra esprime il quadro essenziale della situazione.

Noi non pubblichiamo questo articolo come se fosse la verità assoluta. Ma esso ha il pregio di affrontare di petto il problema fondamentale della Svizzera, che è il rapporto con l’Unione europea.

Gli avversari dell’UDC (e della Lega) si sono dati una consegna: parlarne il meno possibile. È un tema bruciante che – secondo l’opinione comune – avvantaggia la Destra. Dunque bisogna tacere, svicolare, evadere.

Metodo furbo, ma poco corretto e poco leale.

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immagine Wiki commons (Peter Alder) – il massiccio della Jungfrau

Il caldo estivo non ha sciolto i nodi dell’accordo quadro istituzionale, che altro non è che un trattato coloniale, in quanto sancirebbe la sottomissione, per l’appunto “istituzionale”, della Svizzera all’UE. Ciò avverrebbe tramite:

1) La ripresa automatica del diritto comunitario. Sì, automatica. La storiella della ripresa che sarebbe solo (?) “dinamica” è una barzelletta: la Svizzera sarebbe obbligata a genuflettersi alle disposizioni dell’UE in settori fondamentali, pena pesanti sanzioni che non lasciano in realtà spazio alla libertà di scelta.

2) I giudici stranieri della Corte europea di giustizia. Saranno loro, infatti, a decidere sull’applicazione del diritto UE in caso di controversia tra Svizzera ed Unione europea. Quest’ultima non riconosce nessun’altra giurisdizione (nemmeno, ma guarda un po’, quella della Corte europea dei diritti dell’uomo). La corte arbitrale a lungo evocata nei mesi scorsi dal ministro degli Esteri Cassis (adesso “stranamente” non se ne sente più parlare) è un’altra barzelletta: conterebbe meno del due briscola.

Parola chiave
La parola chiave è quell’ “istituzionale” che figura nel nome dell’accordo. Il legame istituzionale con l’UE è esattamente ciò che i cittadini svizzeri hanno sempre rifiutato, dal 1992 ad oggi. Adesso si tenta di farlo rientrare dalla finestra.

Una cosa va chiarita. L’accordo quadro non è in alcun modo la continuazione della via bilaterale. Ne segnerebbe, invece, la fine. Ovvero il passaggio irreversibile alla via unilaterale. La Svizzera dovrebbe sottomettersi a regole imposte da altri, rinunciando a sovranità, indipendenza, ed anche ai diritti popolari. Quanto deciso dal popolo verrebbe infatti messo sistematicamente fuori gioco tramite Diktat UE.

Qualche politicante nascosto (male) sotto la toga da magistrato ha già tentato di sentenziare che l’espulsione dei criminali stranieri, iscritta nella nostra Costituzione, non sarebbe applicabile ai cittadini dell’Unione europea a causa della libera circolazione delle persone, la quale costituirebbe una legge superiore. Il Tribunale federale ha chiarito che non è così. Non è così per ora. In regime di accordo quadro, la musica è destinata a cambiare in fretta.

“Il” tema
E’ nella prossima legislatura federale che si compiranno scelte decisive nei rapporti tra Svizzera ed Unione europea. Il tema del quadriennio sarà: la Svizzera deve continuare ad esistere come uno Stato indipendente e sovrano? O deve invece ridursi ad una colonia dell’UE, in nome di presunti (ma davvero solo presunti, data la totale inaffidabilità del partner europeo) vantaggi economici (per pochi)? Il resto sono questioni di contorno.

Scelte elettorali
La maggioranza dei ticinesi ha sempre avuto le idee chiare sui rapporti con l’UE. Da oltre un quarto di secolo vota sistematicamente contro la sottomissione a Bruxelles. Esempio più recente: la bocciatura della direttiva disarmista di Bruxelles lo scorso 19 maggio. E’ necessario che questi voti si trasformino anche in scelta elettorale. Eleggere a Berna dei rappresentanti che poi non “rappresentano” in alcun modo la volontà dei ticinesi sul tema fondamentale dei rapporti con l’Unione europea, ed anzi che questa volontà la sabotano ogni volta, non ha alcuna logica.

Filippo Lombardi (PPD) e Giovanni Merlini (PLR) – ormai divenuti non solo inseparabili, ma anche impossibili da distinguere l’uno dall’altro – in un intervento “a quattro mani” pubblicato nelle scorse settimane sul Corriere del Ticino, ben si son guardati dall’affrontare il tema principe. Non per caso. Ma perché la loro posizione è agli antipodi di quella della grande maggioranza degli elettori di questo Cantone.

Due schieramenti
Le congiunzioni di liste a sinistra, a destra o al centro non devono dare adito ad equivoci.
A parte che le congiunzioni al centro sono fatte non sui contenuti bensì sulle cadreghe (e solo su quelle), i “blocchi” saranno anche tre, ma le posizioni sono solo due. I campi sono perfettamente definiti.

Da un lato, chi predica la sottomissione istituzionale della Svizzera all’UE, tramite accordo quadro e quel che ne consegue: ovvero PLR-PPD-PSS e partitini annessi.

Dall’altro, chi questa sottomissione la rifiuta: Lega e Udc. La maggioranza dei ticinesi non dovrebbe avere alcuna difficoltà nello stabilire in quale delle due parti riconoscersi.

Si tratta ora di far valere questa fondamentale scelta di campo anche nel segreto dell’urna delle elezioni federali. Davanti all’importanza della posta in gioco – la sopravvivenza della Svizzera – distinzioni polverose quali destra, sinistra o centro finiscono, giocoforza, in secondo piano.

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi