Ci sono tanti generi di mostre nella vicina Italia. La dimensione della memoria spesso è difficile esemplificare con una mostra. Sicuramente una mostra nella mostra estiva interessante in questo senso è quella su Remo Bianco che si concluderà il 6 ottobre presso il Museo del Novecento di Milano,dove  l’artista dei quadri parlanti e delle sculture calde, viene presentato come ” impronte della memoria” a cura della fondazione che porta il suo nome ed a cura di Lorella Giudici. Ben oltre 70 le opere di questo artista  che, come recita il comunicato stampa”ripercorrendo le fasi della sua ricerca e rappresentandone i percorsi di vita e di lavoro, intrecciati in un flusso di straordinaria energia creativa. Nella Milano del boom economico il giovane Remo Bianco conosce e frequenta il grande pittore Filippo de Pisis e il suo entourage. La sua sarà una vita da “ricercatore solitario”, sempre pronto a sperimentare idee nuove. Questa capacità di inventare e seguire percorsi nuovi l’hanno reso un artista molto peculiare per quei tempi, con un approccio divertito e sempre attento ai materiali e alle intuizioni espressive”. Una idea di impronta che va oltre quindi la presentazione del suo lavoro.
Ma sono in particolare “i quadri parlanti” ad incuriosire: tele non lavorate nei colori del bianco e del nero oppure ” impressionate” con fotografie che sul retro hanno degli amplificatori. vere e proprie impronte della memoria tra suoni e visioni con frasi registrate dall’artista che ben esemplificano  anche quella sua idea di “scultura instabile” con le sue sculture “fumo” e “neve”, effimere, come la vita.
Vere e proprie risonanze dove si accostano alla sua vita, del tutto milanese, fatta di  arte concepita in modo tridimensionale come una vera e propria ricerca a strati che ben sintetizza la Milano degli anni che rappresenta. Il mondo in una stanza. il mondo di una Milano “da bere” quella degli anni 60 e 70, in particolare. Interesse per lo spazio che già nel titolo è “impronta”.
Fantasista illuminato di un cammino artistico fatto di condivisione con gli artisti di quegli anni. Che, concludendo , si può ben esemplificare nella frase registrata dall’artista, dal sapore delle piccole cose che diventa qualcosa che va oltre l’istante dei ricordi dal titolo :  “Scusi signore…” dove, come recita il comunicato stampa “Bianco si auto-ritrae con il dito puntato, immagine già utilizzata nel 1965 quando, in occasione di una personale alla Galleria del Naviglio, la foto compariva su tutti i tram milanesi a coinvolgere l’intera comunità”.
Una mostra poetica che insegna a “guardare le cose”, voluta dal Comune di Milano come un “museo d’artista” nel museo del novecento più prestigioso della città che è anche spazio per la storia milanese recente, per ricordare la città alla città attraverso l’arte e volerle forse, da milanesi, un pò più bene. Data la vicinanza geografica, da visitare per curiosare un pò nella storia della “milano da bere”.
Cristina T. Chiochia
Foto dal sito ufficiale della mostra