Questo articolo è giunto in redazione parecchi giorni fa. Mi scriveva l’Autore: “pubblicalo solo quando fanno il nuovo governo”. Okay, allora adesso.

Gli scenari evocati dal professor Vivaldi-Forti sono estremi, e ci sia concesso sperare che non si arrivi a tanto.

Già che siamo in tema, aggiungerò anche la mia opinione – breve e per nulla elegante – sulle ultime gesta del leader “sovranista”, ed è la seguente. Buttando a terra l’unico asso che aveva in mano (il governo; sia pure con un “alleato” traditore) egli ha commesso un tragico errore (il mio giudizio è contestato da alcuni amici). Ha resuscitato il PD, che era ridotto a una larva. Adesso ha contro tutti quelli di prima, più il governo. I prossimi mesi saranno tremendi.

Salvini ha un seguito, un popolo? Sì, ma sembra composto di milioni di “leoni da tastiera”.

Quos Deus vult perdere dementat prius.

* * *

immagine Wiki commons (ALDOR46)

Le analogie fra l’invasione di Praga di 51 anni fa e il colpo di Stato comunista in Italia appena realizzatosi  sono impressionanti . Avendo studiato nei particolari la fine traumatica della Primavera cecoslovacca, a cui ho dedicato due libri e diversi articoli, ritengo di avere abbastanza materiale per stabilire le somiglianze tra questi eventi.

Il 21 agosto 1968 i carri armati del Patto di Varsavia stroncarono sul nascere l’anelito d’indipendenza di un antico e civilissimo paese europeo, che la storia aveva catapultato in quella parte del Continente “liberata” dall’Armata Rossa di Stalin. Quando gli invasori entrarono a Praga, in dispregio di qualsiasi rispetto per il diritto internazionale, la democrazia e la sovranità dei popoli, lo fecero per evitare che la defezione della Cecoslovacchia diventasse un  esempio per gli altri Stati  “fratelli” , dalla Polonia alla Bulgaria, provocando un effetto domino destabilizzante. Occorre tuttavia  ricordare che questo timore non corrispondeva alla realtà dei fatti, dal momento che il governo di Alexander Dubcek non aveva mai parlato di uscire dall’Alleanza, ma soltanto di voler seguire una via autonoma al socialismo, corrispondente alle tradizioni, alla cultura e alle necessità nazionali. L’edificio politico guidato da Mosca, però, era così fragile, nella visione degli autocrati del Cremlino, da  ritenere tale possibilità una seria minaccia alla sopravvivenza  del sistema.

Nell’Italia di oggi sta accadendo qualcosa di simile. Anche da noi è esistito un governo, fino a pochi giorni fa, giudicato “sovranista” , ossia non genuflesso agli ordini della mafia finanziaria globale, che ormai da molti anni persegue un solo obiettivo: tramite un fisco da rapina, con la consueta, pietosa scusa dei conti pubblici da rimettere a posto, assestare un colpo definitivo all’economia italiana , in modo da impadronirsi a costo zero delle nostre migliori aziende e proprietà. La formula è ancora una volta identica a quella usata dai sovietici nei confronti dei propri satelliti: lo sfruttamento economico senza limiti né riguardi , operato dal Centro verso la Periferia  dell’Impero. Sappiamo infatti che le imprese cecoslovacche , ungheresi, polacche, tedesche orientali, erano cento volte più efficienti di quelle russe, ragion per cui Mosca aveva stabilito un monopolio d’acquisto della totalità dei loro prodotti, ma a prezzi politici  da essa stabiliti,  e questo spiega il terrore con cui valutava l’ipotesi di qualsiasi tentativo d’apertura dei paesi soggetti , ai mercati internazionali.

L’Italia, oggi, è nelle stesse condizioni della Cecoslovacchia del 1968. Anche qui, le elezioni del 2018 hanno delineato una maggioranza sovranista in grado di formare un proprio esecutivo, bello o brutto che fosse. Anche oggi esiste un’ Unione sovranazionale di cui il nostro Paese fa parte ( mutati appaiono soltanto gli aggettivi: “europea” al posto di “ sovietica”) ; anche oggi abbiamo a che fare con una capitale , Bruxelles, al posto di Mosca, la cui dirigenza conduce una politica di spietato sfruttamento nei confronti dei paesi membri; pure oggi , come allora, i dirigenti dell’Impero globale sono consapevoli della propria intrinseca debolezza, come la stessa Brexit  insegna, e per questo sono impauriti dall’eventualità che altri possano seguire il modello britannico, ciò che vorrebbe dire mettere a serio rischio la prosecuzione del presente sistema .

Ecco perché gli sforzi congiunti delle maggiori Cancellerie europee ( Merkel e Macron come Breznev e Kossighin ) , insieme a quelli dei poteri finanziari e della stessa Chiesa cattolica ( che sempre più somiglia alla Chiesa di Stato tollerata dal regime marxista-leninista purché collaborasse fedelmente; per un cattolico come il sottoscritto tale conclusione è davvero devastante), hanno condotto alla formazione di un  governo che definire di Fronte Popolare è un eufemismo. Neppure da noi mancano i collaborazionisti del regime: i vari Renzi, Conte, di Maio, Zingaretti  e compagni, che in dispregio delle loro stesse convinzioni si sono venduti all’invasore, né più né meno di come fece Husak a Praga all’indomani dell’agosto 1968, con la compiacente neutralità del Capo dello Stato Svoboda = Mattarella.

Se queste analogie sono vere, e tutto lascia ritenere che lo siano, cosa dobbiamo attenderci per il prossimo futuro? Innanzitutto un periodo di “ normalizzazione” ( “normalizace” in lingua cèca), che a Praga durò circa un ventennio, caratterizzato da sottosviluppo, miseria, spaventosa recessione economica, e anche da spionaggio diffuso e persecuzione giudiziaria a danno di tutti i potenziali dissidenti. Al tempo stesso, però,  questa è l’unica buona notizia in tanto squallore, registrammo l’affermarsi di un dissenso sempre più vasto e determinato, che a tempo debito condusse al crollo del regime bolscevico. Quanto occorrerà perché subisca la stessa sorte quello introdotto dall’Europa asservita ai poteri forti e sostenuto dai collaborazionisti di tutte le risme, destinati prima o poi a una brutta e disonorevole fine?

A Praga ci vollero 20 anni e fu necessario attendere l ‘implosione dell’Unione Sovietica. Adesso, però, la storia corre con una velocità mai vista prima, per cui l’epilogo potrà sopraggiungere in tempi molto più brevi,  che tuttavia saranno estremamente duri, non escludendo scenari da guerra civile.

Un primo segnale di riscossa potrebbero darlo gli stessi parlamentari del centro-destra, ai quali nessuno impedirebbe di aprire una crisi istituzionale drammatica, qualora si recassero da Mattarella a rassegnare in blocco le proprie dimissioni, dichiarando di non volere in alcun modo essere corresponsabili dell’attività di un governo e di un Parlamento  “non liberi “, ove ci si fa beffe della volontà chiaramente espressa dal popolo, e di trasferire la lotta al regime finanziario-bolscevico nella società, anche tramite la fondazione di appositi Comitati di Disobbedienza Civile, nei confronti di leggi tiranniche e liberticide che l’esecutivo dovesse varare.

Se qualche lettore desiderasse approfondire le analogie fra Praga 1968 e Roma 2019, potrebbe consultare le mie due seguenti opere, che ove non si trovassero in alcune biblioteche, sarei in grado di fornire io stesso al giornale  su richiesta:

Carlo Vivaldi-Forti, La Corona di San Venceslao, La Città Armoniosa, Reggio Emilia 1983;

Carlo Vivaldi-Forti, Pravda Vitezi- La verità vince, Campanotto ed. , Pasian di Prato (UD) 2008.