All’arrivo nella capitale, Varsavia, salta all’occhio sulle piste un aereo con 4 reattori dell’aviazione USA parcheggiato bene in vista. Potrebbe sembrare una visione banale, ma non lo è. La spiegazione? Facile, ma bisogna conoscere un po’ della storia polacca per comprendere.

Un paese sfortunato: come un tappeto pregiato che tedeschi e russi si sono contesi nei secoli fino alla caduta del muro di Berlino.

immagine Wiki commons (Adam Kumiszcza)

Colpisce quello che ha scritto Konstanty Gebert per sintetizzare il travagliato Novecento degli ebrei polacchi (finiti nei forni crematoi dei tanti campi di concentramento tedeschi in Polonia. I polacchi non vogliono che si dica “i campi di concentramento polacchi”). “I miei genitori sono nati e si sono sposati in Austria, hanno vissuto ed avuto figli in Polonia. Sono stati uccisi in Germania e sepolti in una tomba anonima nell’Unione Sovietica. Tutto questo senza mai muoversi dalla stessa casa, dalla stessa strada”.

Ecco, in poche parole, la sintesi di un popolo che per secoli è stato alla mercè delle potenze vicine di casa col rischio di veder scomparire la propria identità nazionale che è miracolosamente sopravvissuta. Jolanda, la guida che ci accompagna a Varsavia, ci racconta che fino al 1918, quindi alla fine della prima guerra mondiale, quindi per ben 123 anni la Polonia non esisteva sulle cartine geografiche. I suoi territori, smembrati, erano stati integrati dai russi e dai tedeschi. Una domanda inevitabile; ma come hanno potuto continuare a vivere intatte le lingue, i costumi, l’identità civile e religiosa? Una sola risposta: grazie alla chiesa cattolica che ha custodito l’identità attraverso il suo appoggio spirituale e materiale in tutti i movimenti critici. Per questo l’aspetto religioso è ancora oggi così vivo. Le statistiche sostengono che oltre il 90% della popolazione è cattolica e praticante, a differenza nostra. E non solo nel santuario gremito di visitatori della Madonna Nera di Częstochowa, primo santuario del paese, ma in tutte le basiliche, chiese (numerosissime) delle bellissime città polacche, in primis Cracovia.

Chi rievoca la storia, ricorderà certamente il cardinale Wyszynski (Stefan, 1901-1981) e poi Karol Wojtyla (papa Giovanni Paolo II, 1920-2005). Ambedue leader cattolici che lottarono per il popolo durante i passaggi più critici, l’invasione nazista, l’inizio della seconda guerra mondiale e successivamente l’integrazione nella “cortina di ferro” sotto il tallone duro dell’Unione Sovietica e dei quadri comunisti polacchi.

L’aereo con i quattro reattori dell’aviazione americana, dopo quello religioso, è il simbolo dell’anelito polacco a rimanere un paese libero e “protetto” dai due vicini di casa, rei delle tragedie dell’ultimo secolo di storia. Oggi la Polonia è un paese molto bello, sereno ed in pieno sviluppo. La sua economia è in ascesa in Europa. Lo indica il PIL che è cresciuto del 4,6% nel primo trimestre di quest’anno, grazie alla bassa disoccupazione e la bravura nel ricostruire e migliorare con i proprio mezzi.

Lo testimoniano la bellezza della Stare Miasto di Varsavia, tutta ricostruita come era nel contesto verde di 20 parchi cittadini, la “ferita” del ghetto ebraico totalmente costruito e distrutto dai nazisti (4,5 km quadrati) come pure la memoria di 6 milioni di morti durante la guerra, ma il paese ha voltato pagina e non è affatto vero che sia chiuso ai lavoratori stranieri, gli immigrati. Si stima che la Polonia ospiti dai 2 ai 3 milioni di ucraini che si integrano facilmente nel mondo lavorativo. Quante balle quindi su Visegrad……

Senza conoscere la storia e le sue tragedie, non è semplice capire come il Premier Mateusz Morawiecki che contrariamente a quello che avviene da noi svolge la sua missione senza ricevere uno zloty (la moneta polacca, perché la Polonia pur essendo parte della UE non ha adottato per il momento l’Euro) stia insistendo con Trump affinché ci siano più soldati americani sul territorio. Non la NATO solamente, ma anche le stelle e strisce….

Dopo aver finalmente conquistato la libertà e messo in moto un paese ricco di risorse e di territorio con 38 milioni di abitanti, ci si vuol assicurare che il “bel tappeto” non ritorni ad essere conteso dai vicini di casa.

Meglio evitare ciò che successe ai genitori di Gerbert.

Vittorio Volpi

Foto di copertina: Wiki commons (Reytan)