Lagopus muta muta (Jan Trode Hangseth), Wiki commons

L’on. Fabio Regazzi, presidente dei Cacciatori ticinesi, ci manda la presa di posizione della FCTI, che pubblichiamo integralmente. 

“Un provvedimento preso affermando cose inesatte (ovvero che in Ticino gli effetti sono in calo), senza non dico coinvolgere ma almeno informare la FCTI che raggruppa 2’200 cacciatori ticinesi e nemmeno l’UCP che è preposto alla gestione della caccia. Una situazione surreale che ci ha costretto a ricorrere al TF a difesa dei nostri diritti.”

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Il contenuto ed i toni dell’intervista del Consigliere di Stato Claudio Zali pubblicata dalla Regione il 6 settembre scorso titolata “Basta spari per divertimento” impongono una replica. Il Direttore del DT non si limita a criticare la decisione della Federazione dei cacciatori ticinesi (FCTI) di ricorrere contro la chiusura della caccia alla pernice bianca ma tratta i cacciatori ticinesi alla stregua di gentaglia irrispettosa ed infantile.

Usando un’espressione ben nota ad un appassionato di rally quale è l’On. Zali, stavolta è veramente “andato lungo”. La decisione di ricorrere contro il regolamento 2019 relativamente alla pernice bianca (preavvisata all’unanimità dalla conferenza dei Presidenti!) è dettata dall’inesistenza di motivi d’urgenza tali da legittimare l’adozione del provvedimento senza alcuna preventiva consultazione né dei cacciatori, né delle associazioni protezioniste e nemmeno dell’Ufficio caccia e pesca (UCP), tutti membri della commissione consultiva sulla caccia. E questo malgrado la ribadita disponibilità del mondo venatorio ad avviare un dialogo per giungere a soluzioni condivise; posizione espressa in lettere e comunicazioni rimaste ad oggi senza risposta.

Un simile comportamento è inaccettabile per un’associazione che per legge deve essere sentita nell’ambito della definizione del regime venatorio (art. 37 LCC). Il ricorso censura queste gravi ed irrispettose mancanze ribadendo comunque la disponibilità dei cacciatori al confronto anche su temi delicati a patto di poterlo fare nel contesto delle procedure previste, con trasparenza, senza sotterfugi e soprattutto su basi scientifiche condivise.

Pur di difendere una decisione le cui reali finalità restano ancora sconosciute, il Direttore del DT arriva addirittura a screditare il lavoro dei funzionari del suo stesso Dipartimento. Una vera e propria novità anche nella realtà politica ticinese degli ultimi decenni. L’On. Zali ritiene di “non essere uno scienziato” affermando nel contempo che “la politica venatoria la fa il capo del dipartimento e non l’Ufficio Caccia e Pesca”. Esternazioni gravi, che suonano come un abuso di poter ritenuto che egli dimentica che le leggi che invoca prevedono il contrario, segnatamente che la gestione venatoria deve fondarsi su basi scientifiche e che tali valutazioni devono essere effettuate dai biologi in forza all’UCP; specialisti che solo pochi mesi orsono nel rapporto annuale dell’UCP sugli indirizzi per la stagione venatoria 2019 evidenziavano per la pernice bianca “una stabilità degli effettivi su lungo termine” proponendo il mantenimento del sistema di caccia vigente.

Dover sostenere una decisione adottata in aperto contrasto con quanto proposto dall’UCP ha portato l’On. Zali a consapevolmente utilizzare dati inesatti (per usare un eufemismo) sullo stato delle popolazioni di pernice bianca. Benché iscritta nella lista rossa, la pernice bianca è inserita nelle specie “potenzialmente minacciate”. Il che significa che la caccia è permessa se “monitorata”, come è il caso in Ticino dove le modalità di prelievo venatorio trovano il consenso anche dell’Ufficio Federale dell’Ambiente che nel suo ultimo rapporto precisa come “la caccia tradizionale e ben pianificata, come praticata finora, non dovrebbe avere ripercussioni negative sulle popolazioni di pernice bianca”.

Dal Direttore del DT sarebbe lecito attendersi maggior rispetto e correttezza, ma soprattutto coerenza e coraggio politico. Coerenza con l’adozione di provvedimenti altrettanto incisivi per la protezione di tetraonidi e lagomorfi e dell’ambiente in cui vivono in tutti quegli ambiti che più della caccia influiscono su queste specie. Coraggio politico proponendo una revisione della legge sulla caccia qualora ritenga che effettivamente talune specie siano da salvaguardare a lungo termine, astenendosi dall’introdurre d’imperio ed a scaglioni moratorie nel regolamento annuale sottraendosi così al confronto.

Un’ultima precisazione all’indirizzo dell’On. Zali e dei paladini dell’etica ambientalista un tanto al chilo. Mai nessun cacciatore ha gettato un capo di selvaggina o vi ha sparato per puro divertimento. E mai lo farà perché il rispetto per la natura è la base della nostra passione.

Avv. Fabio Regazzi, Presidente FCTI