Sara Di Pietrantonio aveva 22 anni e studiava Economia all’Eur di Roma, quando nella notte del del 29 maggio 2016 nella periferia Est di Roma, vicino a Ponte Galera, rincasava in macchina da una festa.

L’ex fidanzato, di anni 27, professione metronotte, per cui Sara era divenuta un’ossessione, quella notte la inseguì, la speronò in auto, la costrinse a uscire, la cosparse di benzina e irrorò del liquido infiammante anche la sua auto. Poi la strangolò e le diede fuoco.

Poiché le prime testimonianze asserirono di averla vista correre ormai divenuta torcia umana, non è mai stato chiarito se la ragazza, il cui corpo carbonizzato venne rivenuto alle cinque del mattino vicino alla sua auto, sia deceduta per strangolamento (e le testimonianze sarebbero state frutto di una visione travisata) o carbonizzata da viva, certo è che sara provò a scappare quando ancora era illesa, ma due automobilisti non si fermarono. Il suo assassino aveva pianificato tutto, essendo partito quella stessa notte con una tanica di benzina sotto il sedile.

Quel giorno i due si erano visti a casa di lei e avevano chiarito: lei aveva ribadito che era davvero finita, quella storia malata durata quasi tre anni, i cui lui era arrivato addirittura a pedinarla con un microchip.

Quella sera Sara era poi andata dal suo nuovo ragazzo e la notte lo aveva riportato a casa. Paduano l’aveva pedinata sino al terribile fatto.

Oggi, a distanza di tre anni, dopo che i giudici del Palazzaccio avevano chiesto di rideterminare la condanna di 30 anni all’assassino, arriva la sentenza definitiva: carcere a vita, per omicidio aggravato e stalking.

“Non c’è sentenza che possa riportarci Sara, o che possa lenire il mio dolore” dice la mamma di Sara, Concetta Raccuglio “ma almeno posso sperare che altre donne possano comprendere e denunciare, quel che Sara non aveva compreso.”