Utile e di successo è stato il dibattito organizzato dall’Istituto liberale in collaborazione con le associazioni studentesche «Students for Liberty Switzerland» e «LPU – Law and Politics in USI» a settembre a Lugano.

USI 23 settembre 2019

Sala stracolma, oltre a 300 collegamenti in live streaming, ma di successo anche per la presenza di molti trentenni e quarantenni, la generazione che si appresta a prendere le leve di comando. Generazione che ha partecipato con interventi di un ecologo, un ricercatore della SUPSI, uno studente di fisica, un chimico manager nel campo energetico.

I due relatori, uomini di scienza, hanno esposto tesi contrastanti e con differente sostegno nel loro mondo. E noi profani, compreso chi come me fa veramente fatica a capire, che facciamo?

Penso sia da adottare il saggio consiglio del rettore dell’USI, pubblicato su queste pagine: vediamo di decidere basandoci su ciò che ci suggerisce il buonsenso e lasciamo lavorare gli scienziati senza continuamente tirarli in causa, magari per sostenere i nostri pregiudizi.

Gli uomini di scienza lavorano seguendo i loro metodi: ricerca, esperimenti, protocolli, accertamenti, pubblicazioni, discussioni e contrasti per arrivare a una conclusione non sempre unanime, ma molto spesso di enorme utilità per il benessere dell’umanità. Il loro progresso è costellato da «trial and error».

Con tutto il rispetto loro dovuto, sono esseri umani, che ne sanno molto più di noi in certi campi, ma pur sempre esseri umani con le note virtù e debolezze, con le loro ambizioni, i loro pregiudizi, i loro interessi.

USI 23 settembre. Tito Tettamanti commenta il dibattito

Quando le loro conclusioni superano il campo dell’applicazione puramente tecnologica ma entrano nel campo della politica e dei suoi orientamenti la responsabilità passa alle cittadine e ai cittadini, che devono vagliare e decidere. Pericolosa e non democratica sarebbe la repubblica degli «esperti». E qui entra in gioco per le nostre decisioni il buonsenso. Cercherò di dire cosa mi suggerisce il mio di buonsenso, che ovviamente sarà in contrasto con il buonsenso di altri.

Mi pare innegabile che qualcosa stia succedendo, con una serie di fenomeni, di avvenimenti, di rilevamenti che non possono lasciarci indifferenti, anche se qualche misurazione e qualche interpretazione potrebbe essere discordante. Se questi fenomeni sono originati o influenzati dai comportamenti umani, sono antropogeni secondo il termine appropriato oggi in uso, e semmai in che misura, non sono in grado di determinarlo e penso anche gli scienziati abbiano difficoltà a farlo in modo esatto. Per una ragione di intelligente cautela sono favorevole a misure che vengano ritenute influenti (non escludendo di sbagliare) anche eccedendo piuttosto che errare per difetto.

Fin qui mi pare un atteggiamento condivisibile, ma a questo punto cominciano le difficoltà perché dobbiamo decidere come, quando e perché intervenire. Non lasciamoci influenzare dal catastrofismo, dal panico, dalle paure (già esperimentate nei secoli passati). Si dovrà evitare (specie i partiti) di proporre norme da marketing, con poco impatto effettivo ma grande impatto mediatico per la solita ipocrisia elettoralistica.

Fondamentale sarà la scelta tra due approcci antitetici. Vogliamo affrontare il problema del clima con l’intento di mantenere la società di oggi, con i suoi progressi tecnologici, e mirando a continuare a progredire su questa strada che ha accompagnato e permesso lo sviluppo straordinario dell’umanità? Oppure, come alcune correnti di pensiero vorrebbero, il progresso è arrivato al suo limite, lo dobbiamo fermare, avviarci verso quella che taluno ha definito «decrescita felice»? Io sono chiaramente per il primo degli orientamenti politici.

Voglio che il progresso continui, voglio volare, ancor più velocemente, con aerei non (o molto meno) inquinanti (e ci arriveremo), non mi voglio opporre al desiderio di mobilità presente nel mondo, circoleremo in auto elettriche già esperimentate, useremo per spostarci nelle metropoli i droni quali taxi, sposteremo la circolazione sottoterra (metrò, o per il golfo di Lugano, perché non sotto il lago?) e così via. Non mettiamo limiti che mortifichino questa meravigliosa avventura dell’umanità e della sua intelligenza.

Qui interviene l’orientamento ideologico di ciascuno di noi. Il dibattito sul clima offre un’occasione propizia a chi è in posizione pesantemente critica nei confronti della nostra società, a chi aspira a forme, sia pur addolcite, anche se poco difendibili, di regimi politici falliti e già condannati dalla storia. Il dirigismo sotto il manto ecologico e con il pretesto della sicurezza del mondo mi trova in opposizione frontale. Pericoloso anche nelle forme dell’imposizione di cosa mangiare, come viaggiare, come comportarci al di là delle normali e corrette regole della convivenza.

Ognuno ha certo diritto alle proprie convinzioni, ma ritengo opportuno e utile un atteggiamento di intelligente ed efficiente cautela evitando nella misura del possibile, e delle capacità umane, reazioni che possano compromettere la nostra esistenza, e cedendo a isterismi influenzati dal panico.

La protezione del clima non deve diventare il grimaldello per ottenere il cambiamento delle nostre strutture sociali. Il progresso non il regresso (anche se felice) deve guidarci e permetterci di sviluppare la società attuale che, con tutti i suoi innumeri difetti e manchevolezze è la migliore nella quale l’umanità abbia mai vissuto.

Tito Tettamanti

Articolo pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata