Le proteste antigovernative di massa che hanno scosso il Libano nelle ultime due settimane, hanno indotto il primo ministro Saad Hariri ad annunciare le sue dimissioni affermando che il paese ha raggiunto oramai un punto morto e che ha bisogno di un forte shock per fermare la crisi.

L’annuncio delle dimissioni presentate al presidente Michel Aoun, potrebbe creare ulteriore incertezza in un paese paralizzato dalle crisi politiche e da un movimento di protesta nazionale cresciuto immensamente. Le dimissioni arrivano nel momento in cui la situazione sul campo è diventata sempre più violenta. Da diversi giorni risultano chiuse le attività delle banche, uffici, scuole e università.

Inizialmente le proteste erano contro il piano di tassare le chiamate telefoniche di WhatsApp, ma si sono in seguito rapidamente ampliate per colpire la corruzione politica dilagante. Centinaia di migliaia di persone hanno messo da parte le differenze religiose e le affiliazioni politiche e sono scese sulle strade per chiedere la fine della classe politica che ha dominato il paese dalla guerra civile del 1975-1990 ad oggi.

Negli ultimi giorni Hariri aveva presentato nuove riforme, tra cui l’abolizione di diverse posizioni di governo e alcuni tagli alle spese, che non sono state però all’altezza dei cambiamenti strutturali richiesti dai manifestanti. “Il popolo libanese ha atteso per 13 giorni una decisione politica che fermasse il deterioramento. Durante questo periodo ho cercato di trovare una via d’uscita ascoltando la voce delle persone”, ha detto Hariri, “È diventato necessario per noi generare un forte shock per risolvere la crisi. I ruoli vanno e vengono, ma quello che conta è la sicurezza e la dignità delle persone”, ha aggiunto facendo appello al popolo a mantenere la stabilità.

Del governo fanno parte anche due fazioni politiche. Una è il movimento di Amal, in arabo “speranza”, composto da musulmani sciiti che hanno fatto parte di una delle più importanti milizie durante la guerra civile. L’altra è il partito armato di Hezbollah, in arabo “partito di Dio”, dove l’ala paramilitare è cresciuta grazie ai finanziamenti iraniani a tal punto da essere considerato più potente delle regolari forze armate libanesi.

I leader politici di queste due fazioni non sostengono un cambio del governo. Specialmente il leader di Hezbollah Nassan Nasrallah, che nonostante non abbia nessuna posizione ufficiale è riconosciuto come la figura più potente del Libano.

L’allarme ora è che ci sia una instabilità ancora più profonda in Libano. L’incertezza politica e i livelli alti di debito pubblico hanno generato manifestazioni di tali dimensioni  come non se ne vedevano da oltre un decennio. L’annuncio delle dimissioni è stato accolto con un tripudio rumoroso dei manifestanti, ma ha portato poca chiarezza sulla strada da percorrere.