Veronica Todaro, autrice de l’Abisso del Mito, fantasy ispirato alla leggenda di Atlantide, narrata per la prima volta dal filosofo Platone, si racconta a Ticinolive.ch. La giovane scrittirce (classe ’84, 35 anni da compiere il 27 novembre) narra la sua formazione culturale, i suoi progetti, i suoi interessi. Poiché alla fine, come diceva Borges, ogni scrittore racconta la propria storia. Scoprimola assieme, in un mitico viaggio nell’epopea di Atlantide. 

Atlantide, 9600 a C. Perché la scelta di ambientare il Suo romanzo in un luogo così misterioso e in un’epoca così distante?

Ho scelto di ambientare le vicende del mio romanzo in un tempo tanto lontano dal nostro e in unʼepoca così remota poiché il mito di Atlantide mi affascina da sempre e, nel corso degli anni, mi sono spesso trovata a chiedermi come doveva essere il celeberrimo continente sommerso. Come viveva la gente? Come era strutturata la società? Quali erano i loro usi e costumi? Ne “L’abisso del mito” è possibile trovare  le risposte che mi sono data. Non c’è un motivo preciso per la scelta della datazione, ho semplicemente deciso di ambientare la vicenda il più lontano possibile da noi.

La scrittrice Veronica Todaro con il suo romanzo, L’Abisso del Mito. Nata il 27 novembre 1984 a Coldrerio, nel Canton Ticino, è cultrice di fantasy e materia arturiana.

Nel Suo romanzo vi sono caste sacerdotali e rituali divinatori; una componente molto importante è, inoltre, la femminilità. Donne forti, dai ruoli importanti. Marion Zimmer Bradley (autrice del Ciclo di Avalon) ha influito sulla sua formazione? 

Marion Zimmer Bradley è una delle mie autrici preferite. L’ho scoperta per la prima volta all’età di tredici anni, e sono rimasta incantata dal suo stile di scrittura, come anche dalla sua capacità di trasportare il lettore in mondi nuovi e lontanissimi. Leggere un libro della Bradley, per me, equivale ad imbarcarmi in un viaggio attraverso terre ed epoche lontane. Ed è esattamente questo che, seppur in minima parte, spero di essere riuscita a fare con il mio romanzo. In definitiva, posso affermare che Marion Zimmer Bradley ha avuto un ruolo fondamentale nella mia formazione di scrittrice. Tuttavia, non è stata la sola. Ho amato anche gli scritti di Mary Stewart, Katharine Kerr, J.K. Rowling, Tiziano Terzani e molti altri.

La Bradley propugnava una società femminista matriarcale, attraverso cui rilesse, di fatto, il mito arturiano, ma scrisse anche di Atlantide. Lei in quanto si rispecchia nell’ideologia (a volte discussa) di questa scrittrice cult per gli amanti del fantasy-storico?

Mi rispecchio nell’ideologia matriarcale promossa dalla Bradley, non tanto perché io sia una sostenitrice del femminismo o della superiorità della donna sull’uomo  – preferisco l’uguaglianza, senza distinzione di tipo alcuno – diversa è però la questione per quanto riguarda l’aspetto religioso. Il paganesimo e la devozione ad una divinità femminile percepita non soltanto come la compagna di un Dio più importante, ma con eguale importanza alla sua controparte maschile, rientrano nel mio modo di vedere il mondo.

Thalise, la Sua protagonista, è una giovane scriba. Colta e sensibile, fragile ma determinata, a quale altro personaggio del mito potrebbe essere associata?

In realtà ho cercato di dare a Thalise una propria personalità, senza ispirarmi consapevolmente a qualcun’altro.

Torniamo un attimo alla Bradley. Nel suo romanzo più famoso, Le Nebbie di Avalon è evidente il contrasto tra Morgana e Ginevra (quest’ultima resa dalla Bradley in modo poco consono, tuttavia.) Thalise potrebbe essere paragonata a queste due personalità? Se sì, a quale?

Conosco approfonditamente Le Nebbie di Avalon, e penso che in Thalise siano presenti tratti caratteriali riconducibili a Morgana e altri riconducibili a Ginevra. È forte e determinata, a volte però è anche ingenua e infantile. A conti fatti, non saprei dire a quale delle due figure del mito arturiano narrate dalla Bradley assomigli maggiormente. Mi piace pensare che Thalise abbia il proprio carattere e la propria personalità, unici e caratteristici. Proprio come accade per gli altri personaggi del romanzo.

Concordo tuttavia con lei quando afferma che la Bradley abbia reso Ginevra in modo poco consono. Essendo appassionata dell’argomento, ho letto moltissimi romanzi e saggi a tema arturiano, e posso affermare che la moglie di Artù dipinta ne Le Nebbie di Avalon non è certo la mia preferita.

L’adolescente Thalise scopre di essere quel che non credeva di essere. Quant’è importante il conoscere se stessi (non solo nell’adolescenza)?

Penso che conoscere se stessi sia fondamentale in ogni momento della vita. Soltanto conoscendosi approfonditamente infatti, secondo me, si può riuscire a conoscere e a comprendere davvero anche tutto ciò che ci sta intorno.

Nel Suo romanzo vari sono i rituali (alcuni macabri, altri d’amore). Come si è documentata per ricostruirli?

Per ricreare la civiltà atlantidea, ho deciso di basarmi sugli assiri. La mia scelta è dovuta al fatto che presumo gli assiri possano essere coesistiti con gli atlantidei.
Presumo infatti che la civiltà assira, così come quella babilonese e quella egizia, siano quanto di più vicino ad Atlantide è riuscito a giungere fino a noi. Per ricreare i rituali presenti nel libro, mi sono quindi ispirata alle credenze e alla religione degli assiri, facendo un grande lavoro di ricerca e di documentazione. Il mio però non è un romanzo storico, bensì un fantasy storico. Questa differenza mi ha quindi donato anche la libertà di spaziare anche con la fantasia, e di prendere ispirazione anche da altre culture. Nel libro vi sono infatti alcuni rituali d’ispirazione celtica e druidica, e altri che sono stati suggeriti soltanto dalla mia fantasia e da come io ho scelto di inventare il sistema di credenze atlantidee.

Nel Suo romanzo diversi sono i personaggi, alcuni hanno un handicap fisico, altri sono “diversi”, altri ancora scoprono di esserlo. Quant’è importante, per Lei e nel romanzo, la diversità e la varietà delle persone, che insieme formano il tutto?

Sono fermamente convinta che la diversità e la varietà delle persone rappresenti sempre una ricchezza, nella vita reale così come nella letteratura. Soltanto entrando in contatto con chi ha esperienze, culture, tradizioni o condizioni di vita differenti da quelle a cui siamo abituati possiamo uscirne arricchiti.

La prima testimonianza di Atlantide ci giunge da Platone (IV sec a C). quanto ha influito il Filosofo nella Sua ispirazione?

La storia narrata da Platone ha suscitato la mia curiosità fin dalla prima volta che l’ho ascoltata, portandomi ad immaginare come avrebbe potuto essere quella leggendaria civiltà di cui parlava, spazzata poi via dalle acque. La presenza della leggenda di Atlantide in altri romanzi, documentari e film ha poi contribuito ad accrescere il mio interesse.

Lei ritiene che Platone, quando nei suoi dialoghi fa riferimento ad Atlantide, si riferisca a un evento realmente accaduto in un’epoca remota, o, piuttosto, a maremoti a lui all’incirca coevi?

Io credo che Platone si riferisse ad un evento realmente accaduto, in un’epoca per noi remota. Sono convinta che ipotizzare l’esistenza di una civiltà completamente cancellata da un disastro naturale sia plausibile. Ma, per quanto ne sappiamo, il Filosofo potrebbe anche aver voluto creare un’opera che oggi definiremmo “fantasy”, unendo diverse leggende che al tempo già si narravano e che avevano come protagonisti abitanti di isole un tempo prospere, poi cancellate dalla furia delle onde. Purtroppo, non potremo mai saperlo con certezza.

Già il titolo della Sua opera, “L’Abisso del Mito” è polisemico. Che cosa può significare? Che la Storia (vera) sia caduta nell’oblio (l’abisso, appunto) del mito? Oppure che il mito di Atlantide sia così inestricabilmente complesso da essere esso stesso un abisso?

Entrambe le interpretazioni sono corrette. Ho scelto un titolo volutamente polisemico, per fare in modo che il lettore potesse attribuirgli il significato che più gli aggrada dopo averne concluso la lettura.

Lei crede ad Atlantide?

Sì, credo che l’esistenza di una terra ricca e prospera che sia stata spazzata via dalla forza della natura sia plausibile. Non posso sapere in che modo vivessero i suoi abitanti, quali fossero i loro usi e costumi o le loro credenze, ma penso che possano essere esistiti davvero.

L’interesse per Atlantide inizia nel Rinascimento proseguendo sino ai giorni nostri. Studi diversi per diverse ipotesi di locazione. Lei dove collocherebbe Atlantide?

Io ho scelto di collocare la mia isola di Atlantide nel Mar Mediterraneo, in un’area compresa tra Malta e la Grecia. Infatti, per ricreare la mia civiltà atlantidea, mi sono ispirata principalmente agli usi e ai costumi dei popoli mediterranei di un tempo.

Un’altra anima che sembra aleggiare nel Suo romanzo è quella arturiana. Diversi e ben incastonati (La Stella del Pendragon, la menzione di Myrdrinn, pseudonimo di Merlino), sono i riferimenti al mito di Artù, sovrano però Britannico. Quali sono i collegamenti mitologici, a Suo parere tra il mito di Atlantide, e il mito di Artù?

Non so se ce ne siano davvero. Quella di Atlantide e quella di Re Artù sono due figure leggendarie che mi affascinano da sempre. Principalmente per questo motivo ho deciso di collegarle nel mio romanzo, unendo così due mie grandi passioni.

Torniamo al Suo libro. In una trama dinamica, avvincente e ricca di suspense, i personaggi intercalano preghiere agli Dei. Lei crede? Quant’è importante la religione per lei?

Sono convinta che non sia importante tanto la religione in sé quanto piuttosto il poter avere una divinità – qualunque essa sia – alla quale appellarsi nei momenti di bisogno e difficoltà.

Io credo, tuttavia non penso di potermi incasellare in nessuna religione “preconfezionata”. Diciamo che ho un modo del tutto personale di percepire la spiritualità.

Ogni personaggio ha una propria storia da raccontare, che si interseca con quella narrata. Quant’è importante, per Lei, la memoria di un individuo?

Sono fermamente convinta che il Passato sia un grande maestro, per questo credo che la memoria e la storia personale di ognuno di noi rivestono una grande importanza nel determinre chi siamo e chi saremo in futuro.

Thalise e Anilya, sorelle, con i loro sogni, i loro desideri e le loro paure. Diverse e unite. A chi si è ispirata per raccontare una “sorellanza” così vivida?

Essendo figlia unica, non ho sorelle “di sangue” che possano avermi fatto vivere in prima persona un rapporto del genere. Tuttavia, per creare il rapporto tra Thalise e Anilya mi sono ispirata al legame tra mia madre e la sua sorella maggiore. Inoltre, fin dall’infanzia ho un’amica che considero una sorella. Credo che in alcuni aspetti del rapporto che lega le due protagoniste del mio romanzo ci sia un pizzico anche di quello che lega me a lei nella vita reale.

Amore e morte sono presenti nel romanzo in maniera forte e commovente. Quanta tragedia deve contenere una storia, a parer Suo, per essere emozionale?

Sono convinta che la tragedia non sia il solo espediente letterario in grado di generare emozioni in una storia. Credo che un ruolo fondamentale lo giochi anche la caratterizzazione dei personaggi, e la capacità dell’autore di far sì che il lettore si affezioni a loro, portandolo a vivere le avventure dei protagonisti come se fosse accanto a loro.

Tuttavia, nel mio romanzo non ho avuto scelta: ho deciso di narrare e riscrivere la storia di Atlantide, non poteva che essere una vicenda intrisa di tragedia e di dolore.

L’Abisso del mito è già protagonista di diversi eventi. Sta già pensando a una prossima opera?

L’abisso del mito è un romanzo autoconclusivo, tuttavia non ho intenzione di abbandonare il mondo delle leggende. Infatti ho già iniziato a scrivere una nuova storia, che mi auguro possa continuare ad esplorare il mito arturiano donandogli sfaccettature inedite.
Ma, per ora, mi concentro soprattutto sul presente e cerco di fare il possibile affinché Thalise, Anilya e gli altri protagonisti del mio romanzo riescano a raggiungere il maggior numero di lettori possibili.

 

Intervista a cura di Chantal Fantuzzi