Questo è un tipico saggio di “Tito controcorrente”. Cassis è sotto attacco e lui lo difende, con grande naturalezza. Il rischio di una Abwahl è reale, benché le probabilità non siano stimate alte. Il giorno designato è l’11 dicembre e la notte che lo precede si chiama “notte dei lunghi coltelli”. La più famosa di quelle notti lasciò il campo all’alba del fatale 12 dicembre 2007.

La notte dei lunghi coltelli vera e propria, storica, è rievocata nel capolavoro di Luchino Visconti “La caduta degli Dei”.

A distanza di quasi 3 anni Tito avra’ mutato opinione?

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Negli ambienti della sinistra rosso-verde partitica e associativa il consigliere federale Cassis è oggetto di? pesanti critiche che si sono acuite in questi tempi di rielezione del Consiglio federale. I media correttamente le riportano con il rischio che, prive di un’immediata reazione e contestazione, vengano prese per fondate. Senza gli occhiali della politica di parte, quelle che si vogliono far passare per critiche, per me sono dei meriti. Giudichi il lettore. Si rimprovera ad esempio a Cassis di non votare con la sinistra, contrariamente al suo predecessore Burkhalter il quale, pur essendo eletto quale liberale, era considerato il terzo socialista per le sue ricorrenti espressioni di voto. La circostanza innervosisce il presidente del Partito socialista Levrat ma francamente, se un liberale vota da liberale e non diversamente dell’altro membro liberale del Governo, non vedo motivo di scandalo.

Altra critica: Cassis, in un giro di ispezione in Giordania e altri Paesi del Medio Oriente, si è permesso di esprimere una critica ed un giudizio. Diplomaticamente ha detto che il re era nudo, vale a dire che il modo come l’UNWRA (l’agenzia dell’ONU che si occupa dei profughi palestinesi) era gestita, dava adito ad interrogativi e che il tenere palestinesi ormai alla terza generazione in campi in attesa del rientro, quasi si fosse agli inizi degli anni ’50, era una finzione della quale i primi a soffrirne erano i giovani palestinesi stessi.

Pesanti reazioni, specie da parte del commissario generale dell’UNRWA lo svizzero Pierre Krähenbühl. Conclusione: Cassis ha avuto il merito di vedere giusto, le cose non erano gestite a dovere. Infatti, lo stizzito commissario Krähenbühl è stato poi oggetto di un’indagine amministrativa per favoreggiamento, nepotismo, amministrazione inefficiente. L’indagine non è terminata, però Krähenbühl ha pensato bene di togliere il disturbo dando le dimissioni. I fatti hanno dimostrato quanto le rimostranze contro Cassis per i suoi giudizi fossero infondate e bisogna dargli merito di avere avuto il coraggio di denunciare un disagio esistente, ma troppo a lungo sottaciuto.

Cassis non si è fatto neppure degli amici tra i funzionari del suo Dipartimento, quando, tra l’altro, ha detto che non avrebbe più tollerato rapporti di 458 pagine (tipo quello presentato dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione per l’approvazione del credito per il triennio 2017-2020). Al massimo le pagine devono essere 50. Ha perfettamente ragione, un rapporto di 458 pagine o non vuol farsi leggere o nasconde qualche magagna nella massa dei dettagli.
Ha indispettito inoltre il fatto di aver introdotto trasparenza nell’assegnazione di mandati di collaborazione con le organizzazioni non governative (ONG) mettendo fine alle ripetizioni di incarichi ormai dati acquisiti per diritto. Non si è fatto degli amici ma ha fatto il suo dovere.

Ha enfatizzato il criterio dell’interesse e diritto di controllo della Svizzera nell’ambito dei notevoli aiuti all’estero che versiamo e richiesto una concentrazione geografica per evitare l’inefficienza di dispersioni, venendo per questo contestato da chi è convinto che la ricca Svizzera deve pagare, tacere e «vogliamoci bene».
Da ticinese poi voglio ricordare che dopo decenni un diplomatico ticinese (Mirko Manzoni) sotto la direzione di Cassis è riuscito a far stipulare l’accordo di pace in Mozambico. Precedenti tentativi di altri, compresa l’Unione europea, sono tutti falliti.

Una pesante critica rivoltagli riguarda l’infelice Accordo istituzionale negoziato con l’UE e del quale sono convinto e determinato oppositore. Il suo partito, influenzato dai poteri economici di Zurigo e Basilea, penso gli abbia impedito di mettere il «reset» preannunciato e di operare altrimenti, obbligandolo a continuare la maldestra trattativa Burkhalter. Non diamo a Cassis responsabilità pregresse e men che meno dimentichiamo che le condivide con un Consiglio federale disunito e incapace di formulare una strategia chiara e privo di un piano B, necessario per ogni negoziazione. Lo stallo attuale è responsabilità dell’intero Consiglio federale.

Un liberale che fa il liberale, un consigliere federale non intimorito davanti ai grossi baroni della burocrazia mondiale (vedi Krähenbühl) e che vede giusto; un consigliere federale impegnato a rendere il suo Dipartimento più efficiente dopo il disastro Burkhalter, che vuole spendere giudiziosamente soldi anche nei confronti delle potenti ONG, e che nelle attività umanitarie osa non dimenticare gli interessi della Svizzera. Capisco le perplessità, ma quelle degli avversari. Si potranno trovare tanti pretesti per offendere il Canton Ticino non votando per la rielezione di Ignazio Cassis, ma ragioni gravi e veramente fondate e non ispirate dalle faziosità non ce ne sono.

Purtroppo anche qualche parlamentare ticinese (uomo o donna) farà prevalere gli ordini di bottega del partito all’orgoglio di ticinese negandogli il voto. Senza montarsi la testa, l’onorevole Cassis pensi a Stefano Franscini obbligato nel 1854 a farsi eleggere nel Canton Sciaffusa per sedere al Consiglio nazionale. Siamo un piccolo Cantone con grosse stupide faide malcelate con pretestuosità pseudoideologiche. Comunque, a proposito di colori, al verde (anche se di moda) penso che Cassis come me preferisca il rossoblù (ticinese).

Tito Tettamanti

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