POLARIZZAZIONE – prova di maggioritario
Il Ticino dice NO al Centro – Sì a Destra e Sinistra

I latini dicevano: “in medio stat virtus”. Questo saggio detto mantiene tutto il suo valore nella vita quotidiana, e non solo. Sembra invece non più essere un assioma in politica. Come già avviene in tutte le democrazie del mondo, la polarizzazione ha conquistato anche il Ticino. Un  altro detto, popolare in questo caso, afferma però: “non si può essere nel contempo carne e pesce”.

Nel recente, ma oramai già storico, ballottaggio per l’elezione dei due senatori ticinesi, erano in corsa tre poli: ha perso quello di Centro. Si tratta in sostanza di un risultato che ha premiato il sistema maggioritario che la nostra Costituzione prescrive per la Camera Alta. Il risultato di Marco Chiesa parla da solo. Esso è da attribuire, ancor più che alla campagna elettorale, nella quale nessuno dei quattro contendenti ha lasciato qualcosa al caso, alla presa di coscienza e di responsabilità delle elettrici e degli elettori cantonali. Ho sentito amici, noti per la loro atavica e convinta appartenenza al PLR e al PPD, affermare: voglio a Berna qualcuno che rappresenti le mie opinioni (neretto della red.)

Non posso sostenere chi va a Bruxelles con il cappello in mano, chi vuole l’accordo istituzionale con le relative conseguenze sulla nostra indipendenza, chi, pur dicendosi contrario all’entrata nell’Unione Europea, ne favorisce la dipendenza strisciante. E tanto altro ancora.

Il risultato non sarà comunque esente da conseguenze.  PPD, ma soprattutto PLR, sono da subito confrontati con richieste di ricambio dei vertici. Il partito di Caprara ha già ricevuto un “comunicato dai radicali”, che peraltro sembravano scomparsi, che chiede le dimissioni del presidente. La sinistra del partito ha preso al volo l’occasione per rimettersi in gioco, e per rivendicare più spazio e potere nella camera dei bottoni della Monda a Camorino.  L’era della tregua, peraltro mai dichiarata ma da sempre latente, sembra finita, e i rapporti velenosi ritorneranno alla ribalta con tutte le conseguenze facilmente immaginabili.

Questo risultato avrà di certo una sua influenza sulle votazioni comunali del prossimo aprile. La Lega, che ha dimostrato totale rispetto degli accordi presi con l’UDC, ne esce rafforzata, come pure ovviamente il partito di Marchesi. La sinergia per il prossimo confronto elettorale appare sicura.  Importante anche la congiunzione di sinistra che guarderà pure ai Comuni con sicure ambizioni.

In difficoltà saranno liberali-radicali e popolari-democratici, chiamati dalla base a dare una spiegazione credibile della fallimentare congiunzione, allestita a mezzanotte meno cinque e con i consensi, praticamente, solo dei vertici.

Sarà stata solo una meteora di passaggio dissoltasi nell’atmosfera, o troverà motivazioni e daranno rinnovata linfa al Centro? Solo il futuro lo dirà.

Tullio Righinetti

Opinione pubblicata nel CdT e riproposta con il consenso dell’Autore e della testata

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Questo articolo dice, molto bene, all’incirca quello che avrei detto io. Detto da lui, vale di più, perché Tullio è stato una personalità di primo piano del Partito liberale radicale.

Perché ha vinto Marina Carobbio? Per una straordinaria concomitanza di circostanze favorevoli: l’unione a sinistra, l’onda verde frenetica ed esaltata, la presidenza del Nazionale, l’obiettivo di prima “senatrice” ticinese dai tempi di Ludovico il Bàvaro (in realtà solo 171 anni). Vantaggi che ha saputo magistralmente sfruttare.

Perché ha (stra)vinto Marco Chiesa? Perché è ragionevole, affabile, moderato, modesto, “nostrano”? Anche. Non guasta. Ma essenzialmente Chiesa ha vinto perché era il candidato e il paladino degli euroscettici.

Votato dall’UDC (mancherebbe…); dalla Lega (che non ha sempre avuto simpatia per lui); e da molti Liberali. E chissà chi ancora. Uno può non vedere questo? Sì, ma deve già avere grosse fette di salame sugli occhi.