Uber è un’azienda californiana con sede a San Francisco che fornisce un servizio di trasporto privato basato sull’utilizzo di una applicazione telefonica che collega direttamente autisti e passeggeri. In Svizzera sono presenti oltre 3 mila autisti e 400 mila utenti.
1.6 milioni di franchi è l’importo incassato in un anno solo di mance dagli autisti svizzeri “partner”dell’azienda che offrono il servizio. Un qualcosa che ha creato non pochi conflitti tra l’azienda americana e le autorità svizzere sullo status di datore di lavoro o meno di Uber per gli autisti. Attività fortemente criticata dai sindacati che la inquadrano come una violazione delle leggi sul lavoro per il mancato versamento dei contributi previdenziali.
A differenza delle compagnie di taxi, Uber non possiede automobili proprie e non ha alle proprie dipendenze alcun autista. Si limita a collegare passeggeri e conducenti partner tramite la sua piattaforma tecnologica per smartphone nelle città dove opera. Nel richiedere una corsa, l’applicazione fornisce targa, veicolo e nome dell’autista e controlla il percorso per la destinazione finale richiesta. A corsa terminata la tariffa viene calcolata e addebitata sull’account Uber del passeggero.
La stima del guadagno netto, dopo aver detratto l’ammortamento dell’auto, benzina e assicurazione, è mediamente di 21 franchi all’ora. La Segreteria di Stato dell’economia svizzera e i sindacati affermano che i conducenti che lavorano con Uber dovrebbero essere classificati come lavoratori dipendenti e non come lavoratori autonomi.
Se dovesse essere equiparata ad un’azienda di trasporto, Uber è pronta a lasciare il mercato svizzero. Il direttore generale di Uber Svizzera, Steve Salom, ha dichiarato con fermezza durante una intervista, che non ci sarebbero alternative: “Non potremo più operare qui. Non verranno mai assunti autisti poiché Uber è e rimane una piattaforma. Questo è il nostro DNA e ciò che ci distingue”.
I servizi forniti da Uber sono oggetto di contestazioni da parte di diverse lobby oltre che dalle autorità. I tassisti svizzeri protestano da diverso tempo. Una spina nel fianco da quando è stata lanciata l’applicazione di condivisione dei viaggi per la prima volta nel 2013 a Zurigo. Le corse sono meno costose rispetto al servizio taxi e i conducenti non devono avere nessuna autorizzazione in quanto utilizzano la propria auto. Secondo i tassisti, Uber non rispetta la legge perché trasporta persone senza permesso. Inoltre è difficile competere con il budget per il marketing a disposizione di Uber.
La Svizzera non è l’unico paese che sta discutendo una legge sui trasporti che possa disciplinare l’attività di Uber paragonandola ai servizi del taxi usuale. C’è chi sostiene che sia un rimedio per l’impiego e chi invece che assorbe posti di lavoro aggirando le regole. In Germania ad esempio, è stata bandita nel 2015. Ma Uber ha trovato in seguito un modo per offrire un servizio di trasporto NCC che ha incontrato il favore delle leggi tedesche.
Di fronte a una crisi economica attuale, alcuni modelli di business non reggono più. Quella della condivisione potrebbe diventare un’economia da seguire e che attrarrà sempre più imprenditori.
L’innovazione (tecnologica) sembra proprio portarci nella direzione della sharing economy. Lo dimostra non solo Uber, ma anche aziende come AirBnB, GuideMeRight, Gnammoe tante altre.