L’abuso di tecnologia modifica il nostro comportamento

Riccardo Tennenini, filosofo, ha appena pubblicato il saggio “Schiavi Digitali”.

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Riccardo Tennenini, filosofo dalla penna aguzza come una baionetta, con chirurgica precisione accademica analizza e distrugge i fenomeni più comuni di quest’epoca. Questo autore prolifico e giovanissimo – è nato a Ferrara nel 1989 – spazia dalla storia della spiritualità indoeuropea alle disquisizioni etiche su temi attuali, ma è sempre coerente col medesimo scopo: mettere in dubbio la politica internazionalista, buonista e consumista oggi dominante. Di certo non finirà, citando Dante, a rincorrere bandierine mosse dal vento con gli ignavi, anzi: la copertina del libro pubblicato nel 2018 col titolo Oltre il capitalismo – verso l’alternativa della green economy, ornata da una banconota americana spezzata e intrisa di sangue, lo rende certamente più idoneo al Walhalla, paradiso dei guerrieri, che non all’inferno dei tiepidi. Allo stesso modo anche il suo ultimo libro, appena pubblicato ad ottobre con Passaggio al Bosco Edizioni, non è certo roba per animi politically-correct. Il titolo Schiavi digitali – alienazione, narcisismo e controllo ai tempi dei social network fa subito capire che si tratta di una feroce critica nei confronti dell’uso smodato di internet. Questo testo filosofico, scritto con chiarezza e di piacevole lettura, è pervaso di spirito ( e citazioni ) heideggeriane: l’invito a cercare una vita più naturale e meno vincolata all’apparenza, per riscoprire il proprio essere autentico, non è solo una battaglia politica, ma anche un saggio consiglio per il benessere spirituale. Ne parliamo con l’autore.

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Liliane Tami  Gentile sig. Tennenini, per iniziare ci parli di lei: quanti libri ha già pubblicato? Con che edizioni e su che temi?

Riccardo Tennenini  Attualmente ho pubblicato sette testi, incluse le due traduzioni in italiano del Vishnu Purana, testo sacro indoeuropeo hinduista e Fascismo Britannico e nuova Europa, un famoso testo di Oswald Mosley. I primi tre saggi, Pan è morto, Europa nostra e Oltre il capitalismo, fanno parte di una trilogia pubblicati con le edizioni Ritter di Milano. Trattano temi che spaziano dalla Tradizione filosofica alla metapolitica romanzata fino ad arrivare alla saggistica sull’ecologia. Mentre Schiavi digitali e Il dilemma del porcospino, usciti in concomitanza, stati sono pubblicati rispettivamente da Passaggio al bosco edizioni di Firenze e Idrovolante edizioni. Trattano rispettivamente della critica dei social e della civilizzazione digitale, e l’altro un romanzo dalle sfumature cyberpunk.

Perché nella sua ultima opera parla di “schiavi digitali”benché la maggior parte delle persone ritenga che internet sia sinonimo di libertà?

Perché la cosiddetta “rivoluzione digitale” guidata da Jobs, Zuckerberg, Gates, etc. è stata fatta passare come una rivelazione spirituale che avrebbe cambiato per sempre il mondo e l’umanità liberando, grazie alla cibernetica, l’uomo dal vincolo del lavoro, per renderlo più libero e protagonista assoluto del suo destino. Ma, in realtà, è successo esattamente l’opposto: un’omologazione di massa ai nuovi diktat del capitalismo “smart” delle cyberlobby. La rivoluzione digitale non ci ha liberati, bensì resi schiavi che amano le proprie catene.

Lei è un giovane appartenente – suo malgrado- alla categoria dei Millennials. Che uso fa di internet? Riesce ad adoperarlo solo professionalmente ( per divulgare libri e articoli di giornale) o a volte scivola nell’uso vizioso che denuncia nel libro?

Io per natura sono sempre stato una persona che si è tenuta sempre lontano dalla “gran massa”, come direbbe Heidegger, e ho sempre rifiutato l’omologazione. Con l’avvento delle nuove tecnologie digitali ho un rapporto conflittuale, non tecnofobo ma piuttosto luddista. Ho sempre preferito camminare tra i sentieri di montagna piuttosto che stare giornate intere sui social o giocando ai videogiochi. Quindi arrivato alla soglia dei 30 anni Internet lo uso il minimo indispensabile per lavorare, guardare un film o parlare con amici. Non sono né mi definisco una persona “social”.

Che strategie consiglia per disintossicarsi dall’abuso dei social-network e la dipendenza da smart-phone?

Di questo ne parlo nell’ultimo capitolo trattando di Gelassenheit, parola composta tedesca usata da Meister Eckhart per indicare l’abbandono o un tipo di serenità interiore. Tra l’altro questo tipo di “abbandono” si ricollega anche al tipo di percorso spirituale/realizzativo intrapreso da Arjuna nella Bhagavat Gita. Questa alternativa può essere riassunta in questa citazione heideggeriana: ” Possiamo dir di sì all’uso inevitabile dei prodotti della tecnica e nello stesso tempo possiamo dire loro di no, impedire che prendano il sopravvento su di noi, che deformino, confondano, devastino il nostro essere.”

Quali sono i rischi della Cybersessualità, sia per i singoli individui che per l’intera Europa, a lungo termine?

Il pericolo è che Internet diventi il più grande mercato del sesso del mondo. Il web è una “Amsterdam digitale”, dove ogni fantasia erotica e perversione sessuale vietate nel mondo reale sono invece permesse. La conseguenza di ciò è la diffusione di materiale pornografico girato con gli smartphone da giovani adolescenti e poi pubblicati su Internet, senza che essi siano consapevoli di quanto ciò sia rischioso. A lungo termine questa promiscuità sessuale può portare all’incapacità di amare e formare una famiglia stabile, fondamentale per la stabilità sociale.

Alla fine del libro, che trattando di tecnologia digitale include un ampio uso di vocaboli inglesi (sexting, cyber-space, chat ecc.) , ha voluto mettere un piccolo glossario filosofico in tedesco. Perché?

I termini inglesi li ho voluti tenere in lingua originale perché è il nome proprio del fenomeno in sé e sono di difficile traduzione in italiano. Il glossario di vocaboli in tedesco ha la funzione di rendere la lettura più agevole per chi non padroneggia la lingua tedesca. Ad esempio, parole come Dasein o Holzwege perderebbero completamente il loro significato se tradotti letteralmente in italiano come “essere umano” e “sentieri”, dato che la prima indica una condizione ontica dell’uomo mentre la seconda sono due Cammini dell’essere.

Qual è il concetto di verkehrte Welt?

Questo può essere tradotto come un “mondo rovesciato” che funziona al contrario. Dove le leggi del calcolo hanno sostituito le leggi della natura.

Dopamina oppio dei popoli: ci spieghi, dal punto di vista biologico, perché è così facile diventare schiavi dei social network.

Perché come il tabagismo, alcolismo o tossicodipendenza i social network sono progettati dalle cyberlobby per creare una forte dipendenza. Una dipendenza scaturita dalla combinazione letale tra dopamina e dispositivi smart. I social network non sono stati progettati casualmente: dal colore, al nome, ai pulsanti, funzioni, etc, tutto è scientificamente pensato per influenzare il nostro comportamento alterando la normale scarica di dopamina emessa dal cervello per far permanere il più tempo possibile i propri utenti sui social. Tant’è che Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente di Facebook ha parlato di riprogrammazione del comportamento. Mentre direttore della Clinica psichiatrica e del Centro per le Neuroscienze e l’Apprendimento dell’Università di Ulm, già professore ad Harvard e autore di numerosi saggi che focalizzano diversi problemi legati all’utilizzo massiccio di digital media, parla di rischio di “demenza digitale”.

Alcune persone consultano il telefono 2600 volte al giorno. Una persona normale, invece, quante volte guarda il proprio smartphone al giorno?

Non è tanto il numero delle volte il dato importante, quanto il fatto che il continuo accendere e spegnere lo schermo dello smartphone migliaia di volte al giorno tutti giorni per vedere se è arrivato quale “mi piace”, commento, messaggio, etc è diventato un riflesso condizionato, confermando ciò che si è detto nella domanda precedente riguardo alla riprogrammazione del comportamento. Secondo la Counterpoint Research il 90% delle persone sentono “vibrazioni fantasma”, il 79% dei giovani non è in grado di staccarsi dallo smartphone per più di 3 ore al giorno e il 70% degli italiani controllano le notifiche sullo Smartphone come prima azione quotidiana del mattino.

Intervista di Liliane Tami