Malgrado il popolo ticinese abbia sancito il principio di “prima i nostri”, ossia la maggior tutela dei lavoratori residenti, la proposta, così come formulata sul salario minimo, non è stata accompagnata da nessun correttivo concreto a favore dei residenti. Infatti non è né pacifico né automatico che con l’introduzione del salario minimo i datori di lavori diano la precedenza ai residenti rispetto ai frontalieri.

Il nostro tessuto economico è costituito da PMI (8-10 dipendenti) e non tutti i datori di lavoro saranno in grado di pagare questo salario. Questo comporterà il forte rischio che dei datori di lavoro saranno costretti vieppiù a optare, per il “lavoro su chiamata” a scapito di contratti di lavoro a tempo indeterminato.

Ciò avrà quale conseguenza un forte aumento del precariato con tutti i disagi connessi, sia per la persona e la sua rete famigliare, che per la società. Il precariato è prassi oltreconfine e avrà poco impatto sui frontalieri, mentre che da noi aprirà le porte ad ulteriori problemi.

Per questi motivi ho votato no, al salario minimo così come proposto.

Avv. Roberta Soldati, granconsigliera UDC