Intervista a una famiglia lombarda che non manda i figli a scuola

In Svizzera l’educazione parentale è un tema spinoso: in alcuni cantoni è vietata, in altri è lecita e senza particolari requisiti e in altri ancora è parzialmente legale. In Francia e in Italia l’educazione parentale è legale ed è ampiamente diffusa: essa, infatti, consente di fare risparmiare allo stato parecchi soldi. Il dipartimento dell’Istruzione del Canton Ticino, invece, imponendo addirittura la refezione obbligatoria in mensa per i bambini di 4 anni, sembra proprio desideroso di investire soldi pubblici nel settore scolastico, anche quando potrebbe farne a meno. I

n questa intervista ne parliamo con Salvatore Nisi e sua moglie Maria Concetta, genitori di tre figli di 11, 8 e 3 anni. La famiglia Nisi vive nei pressi di Milano e, in un’epoca in cui i genitori sono assenti e i più piccoli crescono maleducati, svogliati e spesso vittime o esecutori di atti di bullismo, brilla per la propria integrità morale, la coesione, la buona educazione e, soprattutto, l’altissimo livello di cultura che la permea. Due sono gli elementi più belli riscontrabili in questa famiglia: la grandissima dedizione che i genitori offrono ai figli, fondamentale per dare loro una solida base emotiva ed affettiva, e in secondo luogo l’amore e l’entusiasmo che i bambini vivono nei confronti dello studio, perché non è visto come un dovere fine a sé stesso bensì come un modo per soddisfare la loro sconfinata curiosità.

I bambini davanti al telo verde (chroma key) che preparano un video di storia

Liliane Tami  Gentile Signora Maria Concetta, mi spieghi questo paradosso: perché lei insegna in una scuola pubblica ma, al contempo, educa i suoi figli a casa?

Ho fatto questa scelta perché mi sono accorta che l’approccio delle maestre con gli allievi, in classi che vanno dai 22 ai 27 bambini, è dispersivo e sommario. Per poter diventare insegnante ho dovuto eseguire un’abilitazione specifica studiando le leggi relative all’istruzione, alla psicologia, all’educazione e alla pedagogia. La teoria sull’insegnamento che ho appreso è molto bella e le idee sono buone, ma applicare i bei principi educativi in classi così grandi è praticamente impossibile. I docenti, per sfinimento, a volte cessano di educare i bambini con coinvolgimento affettivo nei confronti di ogni singolo e li ammaestrano come piccoli robot, senza riuscire a trasmettergli l’amore per le materie trattate.

Come mai è così difficile mantenere l’attenzione e l’interesse alti all’interno di classi numerose?

Per una semplice questione di dispersività: l’insegnante deve tenere in ordine la classe, a discapito della naturalezza e della creatività dei singoli. Il bambino deve soffocare sé stesso e, sovente, anche il suo entusiasmo. Inoltre c’è anche un altro problema: l’intera classe tende a livellarsi per soddisfare le esigenze dei bambini meno efficienti, quindi vi è inevitabilmente una caduta della qualità a favore dell’inclusione. Attualmente lavoro in una classe di 22 alunni di cui tre sono diversamente abili: mi rendo perfettamente conto di come le esigenze di questi bambini speciali rallentino, purtroppo, l’entusiasmo e l’intraprendenza dei più bravi.

In Italia ci sono tanti bambini che vengono istruiti tra le mura domestiche?

Non si hanno cifre esatte, ma l’associazione principale di Home schooling, EDUPAR, conta 500 famiglie. Ce ne saranno sicuramente molte di più che non sono censite. L’associazione EDUPAR è presieduta da Erika De Martino, la madre homeschooler più famosa d’Italia, che ha cinque figli e ha scritto molti libri sul tema. Secondo lei i ragazzi a scuola crescono senza scoprire le proprie passioni, perché non viene dato loro il tempo. Sono demotivati dalla standardizzazione, sottoposti a orari prolungati e non hanno più modo di conoscere sé stessi.

E nel resto del mondo come funziona?

Negli Stati Uniti d’America, siccome il territorio è molto esteso e molti bambini vivono troppo lontani dalle scuole, è una realtà molto diffusa ed apprezzata: il 3,3 % dei bambini è educato dai genitori. In Europa in alcuni stati è vietata, come in Germania, mentre in Francia è frequente. So che in Svizzera c’è una situazione complessa: in alcuni cantoni è lecita e in altri no.

Sa qualcosa di specifico riguardante la Svizzera?

Sapendo che sarei stata intervistata mi sono preparata, proprio come una studentessa diligente ed autonoma! In svizzera, secondo i dati reperibili in internet, negli ultimi anni 2079 ragazzi non frequentano né scuole private né scuole pubbliche. In alcuni cantoni, come Vaud, Berna, Argovia e Zurigo è legale, ma al contrario ci sono dieci cantoni, tra cui il Ticino, in cui è vietato. Anche se in realtà mi sono giunte voci di genitori ticinesi che hanno domiciliato i figli presso un parente d’oltreconfine per poterlo educare a casa! D’altronde voi svizzeri dovreste essere simbolo di libertà nel mondo… L’associazione svizzera dello Home Schooling si chiama Verein Bildung zu Hause Schweiz e negli ultimi anni conta sempre più iscritti. Ovunque la gente mostra maggiore interesse per questo tema!

Quali sono i vantaggi, sia pubblici e privati, dell’Home Schooling?

Dal punto di vista di vista pubblico è molto utile perché consente di avere meno ragazzi nelle scuole e quindi di risparmiare soldi e di avere classi più piccole. Dal punto di vista privato è utile per due motivi: i bambini, se seguiti in modo adeguato, imparano meglio e di più che a scuola e, dal punto di vista affettivo, unisce ancora di più la famiglia. Oggigiorno le famiglie sono sempre più dispersive e l’educazione dei figli viene spesso delegata a tate straniere: ciò comporta inevitabilmente un vuoto emotivo nei bambini. La presenza dei genitori, e in particolare della mamma, è fondamentale nel corretto sviluppo psichico del bambino. Oggi tante donne prediligono la carriera al lavoro domestico: è un gran peccato, perché i figli hanno bisogno di essere seguiti e affiancati costantemente. A cosa serve, d’altronde, fare un figlio per poi delegarne la crescita e l’educazione prima alla scuola e poi alla baby-sitter?

Dal punto di vista giuridico, come è possibile, in Italia, non mandare i figli a scuola e garantire comunque le loro competenze?

L’articolo 33 della Costituzione Italiana dice che è possibile iscriverlo all’anno scolastico senza fargli frequentare le lezioni scolastiche. A settembre basta recarsi presso una scuola, iscrivere il bambino all’istituto, informare il corpo docenti della propria scelta e, automaticamente, a giugno verrà convocato per sostenere un esame interdisciplinare davanti ai docenti. Il programma da presentare è concordato tra la famiglia e i professori. Questo esame serve per assicurarsi che il ragazzo, durante l’anno, abbia effettivamente studiato e sia progredito con gli studi. Fino al 2014 l’esame era facoltativo, ma lo facevo comunque eseguire ai miei figli.

Immagino che l’esame sia difficilissimo…

(Ride) In realtà no: dura due giorni ed è logorante, ma non è difficile. I miei figli li hanno sempre passati con ottimi voti, e confrontandomi con altri genitori mi sono accorta che è così per la maggior parte dei casi: l’essere umano ha una capacità di apprendimento impressionante, quando viene stimolato al meglio e seguito individualmente. I professori che li esaminavano erano molto scettici e avevano seri dubbi nei confronti dell’educazione parentale, ma siccome Filippo e Giuseppe hanno preso 10 in tutte le materie i docenti si sono dovuti ricredere. Nei confronti dell’Home Schooling ci sono tanti pregiudizi, ma i risultati eccellenti che si riscontrano presso la maggior parte delle famiglie fanno crollare tutte le false credenze. Non dimentichiamoci che un bambino normodotato ed istruito in modo adeguato può imparare a leggere a 4 anni e mezzo, anche se la società impone loro di aspettare la prima elementare! Le scuole pubbliche non sviluppano appieno il potenziale di ognuno.

Come può un genitore – che magari non ha mai conseguito un corso di abilitazione all’insegnamento – riuscire ad insegnare bene le più disparate materie ai bambini, e in particolare ai ragazzi più grandicelli?

In realtà è più semplice di ciò che si creda, perché più che le nozioni ai bambini va insegnato l’amore per i temi trattati. Io sono laureata in letteratura e mio marito è informatico, e questo sicuramente ci è utile per impartire loro al meglio lezioni sia di tipo scientifico e matematico che di tipo umanistico. Ciò però non è comunque rilevante, perché adesso i miei due figli più grandi, di 8 e 11 anni, studiano per la maggior parte del tempo da soli in autonomia. Dopo l’introduzione e la spiegazione dei temi, correlata dai più svariati esempi, i ragazzi devono responsabilizzarsi e studiare ed esercitarsi da soli sui libri, proprio come fanno gli studenti universitari. Hanno 8 anni, ma sono perfettamente in grado di farlo. Quando, in seguito, li interrogo, per accertarmi che abbiano imparato bene, rimango sempre piacevolmente stupita.

(In quel momento entra in stanza Filippo, di 8 anni, parlando inglese)

Vedo che suo figlio parla inglese. Io, ad esempio, inglese non lo parlo. Come potrei insegnarlo ai miei figli?

Un genitore non deve per forza conoscere una lingua affinché i figli la imparino. Noi, ad esempio, non parliamo inglese ma i nostri figli già lo capiscono abbastanza bene perché usano programmi informatici come Babbel, che costa 30 euro all’anno, o Duolingo che è gratis. Questi programmi sono molto utili per imparare le lingue: ora infatti li usano sia per l’inglese che per il francese, con ottimi risultati.

Usate molto la tecnologia?

Sì, perché quando è adoperata con coscienza è utile. Internet per noi è un supporto prezioso: i ragazzi studiano parecchio sul web e i video disponibili su youtube sono molto educativi. Dalle divisioni in colonna alla composizione della cellula, dalla storia dell’arte sino alla geografia vi si trova tutto. Inoltre Giuseppe e Filippo gestiscono un loro canale youtube e un sito, http://www.oreinallegria.it/, su cui mostrano i loro lavori. Giuseppe, recentemente, ha appena pubblicato un video in cui spiega tutte le peculiarità geografiche, economiche, etniche, storiche e culturali del Tirolo. Ha già avuto moltissime visualizzazioni, perché è utile anche agli altri studenti. In questi giorni abbiamo finito di studiare la storia dell’Impero Romano, quindi ora stiamo realizzando un video, utilizzando il chroma key per poi inserire le scene in un ambientazione specifica, in cui inscenano la morte di Giulio Cesare. Fare i video, siano essi montati traendo spezzoni da altri filmati o recitati, è un modo ludico per amare –e non dimenticare!- gli argomenti più importanti, oltre che necessario per apprendere l’utilizzo del computer.

I suoi figli sono contenti di essere educati a casa?

Sì, i miei figli sono molto felici di essere educati a casa. Possono gestire il loro tempo come vogliono, si sentono più liberi ed autonomi, sono responsabili e hanno dovuto imparare a gestirsi da soli. La socializzazione non gli manca: il sabato frequentano il gruppo locale degli Scout (la pedagogia di Baden Powell è molto buona) e hanno il loro giro di amici del parco.

(In quel momento interviene Giuseppe, di 11 anni, che da grande vuole fare l’archeologo e nel tempo libero gestire un agriturismo)

Giuseppe  Per curiosità, siccome vedevo gli altri bambini andare a scuola, ho deciso di frequentare la quinta elementare ma non mi è piaciuta molto. Durante la ricreazione mi annoiavo e si sprecava tempo e durante le lezioni c’erano i bambini che proprio non capivano nulla e io mi annoiavo! Inoltre la maestra non era brava, a volte urlava e una volta mi sono dimenticato i compiti e mi ha sgridato anche se in realtà li avevo fatti e avevo capito tutto benissimo! Ero il più bravo della classe e mi avevano soprannominato “Piero Angela”. Dopo quest’esperienza deludente ho deciso di lasciare la scuola e la prima media l’ho fatta nuovamente a casa, dove ero molto più libero e contento. Adesso sto preparando gli esami per la seconda media, che si terranno a giugno. So che anche quest’anno andranno benissimo, e io sono libero e felice.”

Intervista di Liliane Tami